Leggi contro hate speech e cyberbullismo, Zuckerberg convocato dal Congresso degli Stati Uniti per rispondere dell’uso dei dati personali, Twitter che vara il suo codice di comportamento contro l’odio, la polizia postale italiana che implementa il «bottone rosso» per segnalare il sospetto di notizia falsa... L’attualità più recente conferma il comune sentire che servano urgentemente regole, procedure di denuncia, nuovi strumenti giuridici, migliori azioni della polizia, ecc. Tutti provvedimenti opportuni, di cui è importante che il dibattito pubblico si occupi, ma che portano con sé anche un grande rischio: «distrarci» dal nucleo della sfida educativa che la vita connessa ci sta ponendo. La dimensione legale non è altro che il primo di molti passi necessari, e da sola è assolutamente insufficiente. Proibizioni e regole sono imprescindibili, ma non hanno mai risolto di per sé i problemi; sono come i limiti di velocità sulle strade o i divieti in generale: indispensabili per perseguire chi fa danni e difendere le vittime, ma non dicono niente sul «come fare» o sul «dove andare», i due interrogativi fondanti che ci permettono di discernere tra ciò che è degno o indegno – umanamente parlando – online.
*** Vera GHENO, sociolinguista, e Bruno MASTROIANNI, filosofo, esperto di comunicazione, Tienilo acceso: Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello, Longanesi, 2018
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