Non ci sono dubbi: un bel po’ di pioggia deve esserci davvero stata, se tutte le mitologie del mondo hanno in repertorio il Diluvio Universale.
Per i Cinesi fu il mostruoso Kung-kung ad abbattere a cornate uno dei pilastri del Cielo, il monte Pu-shou, e a provocare un interminabile acquazzone. Fortunatamente per noi, in quell’occasione il prode Fu-hsi e sua sorella Niù-Kua provvidero a salvare se stessi e le specie animali servendosi di una zattera.
Per i Babilonesi il salvatore di turno si chiamava Utnapishtim, che costruì la sua brava arca e si andò ad arenare in cima a una montagna. Poi, una volta smesso di piovere, lasciò libera una colomba per vedere che aria tirava: insomma si comportò esattamente come il nostro Noè nella Bibbia.
Per gli Indiani dell’Estremo Oriente, invece, fu un pesce a salvare il genere umano. Era ancora attaccato all’amo, quando implorò Manu, il marinaio che lo aveva pescato: «Se mi ributti in mare,» gli disse «ti darò una informazione che tra qualche giorno ti sarà molto utile». Così il pesce preannunziò a Manu la gigantesca alluvione e gli suggerì di costruirsi una barca sufficientemente grande da ospitare tutte le specie viventi.
In Egitto fu la Dea Hathor, anche detta, senza offesa, la Grande Vacca, a desiderare la fine del genere umano. Meno male che Rie, il Dio del Cielo, impietositosi, inondò la Terra di birra rossa: la tremenda Hathor, assetata di sangue, scambiò la birra per sangue e ne bevve tanta da ubriacarsi, e, Dio sia lodato, si dimenticò di distruggere l’umanità.
Per i Cherokee, infine, fu un cane ad avvertire il suo padrone pellirossa che stava per cominciare a piovere, mentre per l’Edda scandinava gli unici a non finire annegati furono una coppia d’innamorati che avevano appena noleggiato una barca per darsi due baci al chiaro di luna.
Ma passiamo ai Greci. Il re Licaone era un uomo molto pio: amava gli Dei e loro lo ricambiavano con pari affetto. Una sera, approfittando del fatto che in cielo c’era la luna piena, il re invitò Zeus a una cena all’aperto. I suoi cinquanta figli, però, dubitando che l’ospite fosse davvero il Padre degli Dei, vollero metterlo alla prova e insieme allo spezzatino di vitello gli servirono un contorno d’interiora di bambino, tale Nittimo, con ogni probabilità un figlio minore o un parente povero. Zeus, ovviamente, se ne accorse al primo boccone e, disgustato, rovesciò la tavola per poi tramutare, seduta stante, Licaone e i figli in un branco di lupi. Quando la notizia giunse sull’Olimpo, tutti gli Dei inorridirono: «Di questo passo dove andremo a finire?» esclamarono i più intransigenti, e di comune accordo decisero che i mortali andavano purificati. Ma come? Con una bella doccia collettiva: pazienza se poi qualcuno ci avrebbe rimesso la pelle. (...)
In questa immane catastrofe si salvarono solo in due, Deucalione e Pirra, che, a stretto rigore di termini, sarebbero i nostri progenitori.
*** Luciano DE CRESCENZO, 1928, scrittore e saggista, attore e regista, I grandi miti greci. Gli dèi, gli eroi, gli amori, le guerre, Mondadori, 1995
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