Così come, anche facendo il mio mestiere di consulente e formatore per quarant'anni, ho sempre rifiutato la convinzione insulsa che "il cliente ha sempre ragione", da sempre ripeto che il voto (la maggioranza) decide, ma non assegna la ragione. E basta guardare alla storia per capire come questo sia vero: almeno da Barabba in poi.
Tuttavia, credo sia indubbio che se il popolo non ha sempre ragione, ha sempre delle ragioni. E talvolta, queste ragioni sono talmente forti e giustificate che coincidono con la ragione.
Penso sia questo il caso.
E lo dico senza retorica e, ancor più, senza occhieggiare alla demagogia: due atteggiamenti e comportamenti di cui non so dire quale mi infastidisca di più.
Tutto avrebbe dovuto concludersi sul filo di lana, con una vittoria risicata degli uni o degli altri.
Invece è stato un tracollo.
Il referendum, trasformato in plebiscito da chi ha voluto puntare tutto su se stesso prendendo l'Italia per un tavolo da gioco e gustandosi per due anni l'adrenalina dell'uomo solo (al comando) contro tutti, ha schiantato una politica e il suo autore.
Con queste dimensioni, impensabili fino alle 23 di ieri sera, il voto evidentemente non è stato solo 'per' la messa in sicurezza della Costituzione del 48 e 'contro' una proposta di riforma politicamente pericolosa e tecnicamente assurda, ma anche (ancor più) 'contro' un premier tracotante.
Gli antichi greci temevano l'hybris: noi finalmente abbiamo scoperto che c'è un limite a tutto: narcisismo, prepotenza, fanfaronate, vuotezza, retorica, falsità, patacche, spaccio di progetti paradisiaci, negazione della realtà in nome di un ottimismo beota...
E' stato, formalmente, un voto sì-no: avrebbe dovuto essere limitato alla Costituzione.
Ma, se così non è stato, non è certo responsabilità di chi ha partecipato in massa al voto, ma di chi, in questi due anni, ha prodotto questa forzatura, con un tentativo di 'distrazione di massa' che oggi si rivela non riuscito e che addirittura si è trasformato in boomerang.
Adesso, la maggioranza che ci ha portato sin qui (sin qui in tutti i sensi), ha l'onere di assolvere agli impegni improrogabili che devono essere completati (come la legge di bilancio) e di accompagnare il Paese, il più presto possibile, verso nuove elezioni.
Per quel momento si dovranno mettere in campo proposte, programmi e persone che, sperabilmente, ci portino fuori dal berlusconismo-renzismo di questi anni.
Sarà, ovviamente, difficilissimo: per le condizioni di divisione e disfacimento in cui siamo (le pulsioni xenofobe di destra, l'assenza di una sinistra, il velleitarismo dei 5Stelle, le prevedibili reazioni del mondo renziano). Ma fare questo si chiama politica.
E magari, facendo questo, si potrebbe ritrovare pure un po' di Politica.
*** Massimo Ferrario, Un tracollo, e l'hybris degli antichi greci, per Mixtura
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