Oggi 'Libero' mi dedica l’attenzione dell’intera sua prima pagina: "Se l’Italia è razzista, la Kyenge è cinese”. Un bel gioco di prestigio: immaginare di far scomparire la realtà con un semplice gioco di parole. Siccome io non sono cinese e siccome l’Italia non è un paese razzista, due cose vere, il pericolo del razzismo in Italia non esisterebbe.
Ci provo anch’io: siccome il direttore Feltri non è giapponese e gli Italiani non sono mafiosi, due cose vere, la mafia e i mafiosi in Italia non esistono. Fatto, la mafia è scomparsa?
Finito il gioco, inizia la realtà.
Che l’Italia non sia un Paese razzista, io l’ho detto mille volte, e lo continuerò a dire fino allo sfinimento. Ma è un fatto, tanto quanto il dato che io non sono cinese e Feltri non è giapponese, l’abile e sistematico gioco politico a lucrare sul malessere sociale del Paese, che ha altre cause, additando gli stranieri a capro espiatorio dei nostri mali.
Questo ‘gioco' si chiama istigazione all’odio razziale, questo 'gioco' si chiama razzismo. E in questo caso incide sulla realtà: rischia di avvelenare il Paese che avrebbe bisogno di concentrare le proprie energie per risolvere i suoi veri problemi, non di essere aizzato all’odio verso persone che vengono da altri paesi e hanno un diverso colore della pelle.
L’Italia è il mio Paese, amo il mio Paese, e proprio per questo combatto perché non si faccia avvelenare dal male oscuro del razzismo.
*** Cécile KYENGE KASHETU, già ministro dell'integrazione, politica italiana, 'facebook', 9 luglio 2016, qui
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