domenica 15 maggio 2016

#MOSQUITO / Comunità, non ci tiene insieme niente (Domenico Starnone)

Cosa ci tiene insieme in una comunità, niente. 
Una comunità è attaccata con lo sputo. Una comunità è la memoria di qualcosa che ci ha contenuti e dalla quale non vogliamo prendere atto che ci siamo separati per sempre. E’ leggi distanti. Soprusi. Selve di avvocati, magistrati, poliziotti. Una concrezione della paura del caos, della morte. Ci sono affetti, a volte solidarietà, ma contano zero. Invece l’odio, quello sì che è robusto e taglia come un filo d’acciaio. La voglia di sangue, il suo lampo purpureo-pulsante. Volendo, te ne nutri in qualsiasi momento. Odio e voglia di sangue stanno sotto la glassa delle buone maniere, del buongiorno, prego, mi scusi, si accomodi, grazie. Basta una squadretta di calciatori di quartiere per sentire la spinta a svenare il barista sotto casa che tifa, sfottendo, ghignando, per la squadretta rivale. Basta che l’inquilina del piano di sopra insista a stendere al sole le sue lenzuola togliendo luce alla nostra stanza. Bastano schiamazzi, musica troppo alta dopo mezzanotte. Basta uno spintone distratto per strada. Basta che qualcuno fissi troppo la tua donna. Una comunità sa sempre, in segreto, che non ha niente veramente in comune, è solo competizione diseguale, mercato, divergenza, frattura, illegalità travestita da legalità, conservazione violenta di equilibri e potere, galera, terrore sparso ad arte dallo stato, campo di concentramento (o stadio: l’orrendo stadio cileno dentro cui gli sgherri degli Usa e di Pinochet ficcarono gli oppositori: ah quanta furia ribelle avevo assaporato e messo in parole, ecco cosa fu quello stadio, la dimostrazione che il fascismo è il correttivo per le masse che non votano come si deve). 

*** Domenico STARNONE, 1943, scrittore, ex insegante, Prima esecuzione, romanzo, protagonista, Feltrinelli, Milano, 2007


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