Il mio maestro e amico, Gaetano Salvemini, attaccò Giolitti definendolo «ministro della malavita» per i metodi che usava nel Mezzogiorno al fine di procurarsi un buon numero - oltre centoventi - di parlamentari sicuramente fedeli; le sue documentate denunce non sono mai state smentite da nessuno; Salvemini in seguito affermò che non ritrattava il suo giudizio ma riconobbe che Giolitti impallidiva di fronte a Mussolini, che venne dopo Giolitti ed era di gran lunga peggiore. Oggi dobbiamo parlare di governo della malavita; anzi, considerati gli attacchi alla giustizia e il «premierato assoluto», la nostra sta per diventare la «repubblica della malavita»: massima impunità per i delinquenti, garanzie minime o nulle per le persone oneste e civili. Lo sappiamo bene, la corruzione, la prepotenza e la barbarie nel nostro paese, bello e infelice, non sono sorte né con Mussolini né con Berlusconi, ma hanno una storia antica. Dopo la seconda guerra mondiale, però, e dopo la Resistenza, che aveva un nucleo forte di persone civili e di grande valore, l'Italia si era messa su una nuova strada: il primo passo, assai importante, era stata la «nostra bella Costituzione», ora in pericolo mortale: erano poi stati compiuti altri passi sulla via lunga e difficile dell'incivilimento, fino a Craxi e al suo protetto, Berlusconi: da allora il cammino si è interrotto e ora ci troviamo in una situazione peggiore di prima, definibile con le stesse parole che subito dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale usava, con angoscia, Calamandrei, che poi fu uno dei padri della Costituzione: «La tragedia dell'Italia è la sua putrefazione morale, la sua indifferenza, la sua sistematica vigliaccheria». (...) Disperarsi sarebbe sbagliato perché la Resistenza, che ha espresso il meglio di questo paese, ha lasciato un'eredità che ora è coperta ma non annullata; e le persone civili, che sono tante, sono inerti perché sono scoraggiate, ma in tempi brevi possono tornare a operare.
*** Paolo SYLOS LABINI, economista e saggista, lettera del 21 ottobre 2004 a Elio Veltri, riportata nell'introduzione del libro di Elio Veltri, Il topino intrappolato, Longanesi, 2008, citato da Michele Diodati, qui
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