Autore generalmente citato:
Antonio GRAMSCI, 1891-1937
«Il mio motto è sempre stato: 'pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà'», Lettere dal carcere: A Tania, 6 novembre 1932.
Tale affermazione si trova in altri passi di Gramsci.
* «Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire, pessimista con l'intelligenza e ottimista con la volontà», Lettere dal carcere:A Tania, 29 maggio 1933.
* «Occorre invece violentemente attivare l'attenzione nel presente così com'è, se si vuole trasformarlo. Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà», Passato e presente. Del sognare ad occhi aperti e del fantasticare
Autore 'vero':
Romain ROLLAND, 1866-1944, scrittore e drammaturgo francese, premio Nobel per la letteratura nel 1915,
L'attribuzione della frase a Roman Rolland è stata riconosciuta dallo stesso Antonio Gramsci:
«La concezione socialista del processo rivoluzionario è caratterizzata da due note fondamentali che Romain Rolland ha riassunto nel suo motto d'ordine: «pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà». (A. Gramsci, Discorso agli anarchici, 'L'Ordine Nuovo', 3-10 aprile 1920, I, n. 43, tratto da Raccolta L’Ordine Nuovo 1919-1920, Einaudi, pagg. 396-401, qui
E se aggiungiamo che la citazione é stata il cavallo di battaglia della "Milano da bere" di Bettino Craxi,non ci resta che augurarci un oblío collettivo di questa infausta, e in fondo banale sentenza.
RispondiEliminaPaolo, in genere concordo con le tue osservazioni puntuali e acute. Stavolta no.
RispondiEliminaNulla da dire 'su' Bettino Craxi (direi di tutto e 'contro', insieme con gli anni osceni della 'Milano da bere' che ho ben conosciuto...).
Ma spezzo ogni lancia a mia dsposizione sul motto di Rolland, fatto proprio e reso famoso da Gramsci: che considero una 'formula' perfetta contro il 'pensierucolo' positivo dominante. 'Ottimismo della volontà e pessimismo della ragione' mi paiono infatti una combinazione quasi ossimorica che ci aiutano a non negare la realtà senza arrenderci ad essa. A mio avviso, se lo facessimo nostro, eviteremmo illusioni e capitomboli, senza ritirarci disillusi e depressi a guardarci l'ombelico.