Ovvio che la proprietà di un giornale ha diritto di cambiare un direttore. Ma un giornale non può essere solo merce e un direttore, essendo se non altro una ‘persona’, ancor più che un professionista, non è (non deve essere) una ‘pedina usa-e-getta'.
Nello stesso giorno in cui qualcuno l'aveva minacciato di morte, il giovane-vecchio Agnelli, privo di quella cultura civile cui dovrebbe importare la storia e i valori di una comunità che produce un bene anche pubblico come un quotidiano, per giunta con il passato di ‘la Repubblica’, decide di licenziare in tronco Carlo Verdelli, da mesi sotto scorta, con un burocratico comunicato istituzionale emesso dopo una riunione azionaria.
A Verdelli avevano predetto la morte il 23 aprile. Nella stessa data ha ricevuto, da altri, la morte professionale. Ovviamente, tutto senza 'una-spiegazione-una'.
Circa un anno fa era accaduto lo stesso con Mario Calabresi: la differenza era che il padrone era un altro. A conferma che i padroni, quando ‘fanno’ i padroni, sono tutti simili.
Una volta, per accompagnare certe azioni che potevano apparire 'volgari', almeno sul piano della 'buona educazione', se non della corretta prassi di rispetto civile, si richiamava lo ‘stile’.
Lo stile Agnelli, per esempio.
Era senz'altro ipocrisia: ma era una finzione che denotava, almeno, consapevolezza che si stava facendo ciò che non andava fatto, o forse si sarebbe potuto (dovuto) fare in un altro modo.
Ora invece, cambiate le generazioni, la volgarità è senza veli: ti viene gettata in faccia. Con spudorata iattanza. ‘Io sono io e tu non sei un cazzo’. E in genere va bene così: nessuno protesta. Neppure l’interessato.
Tuttavia, può ancora produrre sdegno e schifo. Almeno in chi non ha smesso di sapersi sdegnare e di fronte a certi atti sente in pancia quei moti di vomito che segnalano che sei ancora sano.
*** Massimo Ferrario, Zeitgeist: i padroni, lo sdegno e lo schifo, ‘Mixtura’, 25 aprile 2020
In Mixtura ark #Spilli dei Massimo Ferrario qui
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