sabato 15 settembre 2018

#FAVOLE & RACCONTI / Il maestro Wu Zhi, la banconota, la ragazza (Massimo Ferrario)

Li Min non conosceva il contenuto del discorso che Wu Zhi avrebbe tenuto al gruppo di fedeli e curiosi nella piazzetta del villaggio.
Il maestro era stato sibillino.
«Vedrai, non dirò molte parole. Mi limiterò a proporre un breve esperimento. Spesso, là dove non arriva la mente, sollecitata dai pensieri razionali, arriva il cuore, aiutato dalle emozioni. La mente stimola il capire, il cuore apre alla comprensione. E quando la logica pungola il sentire, allora quasi ineluttabilmente si produce quel moto a luogo (ad-prendere) che solo fa vero 'ap-prendimento'».

Li Min, che da anni era diventato suo allievo prediletto, non aveva osato chiedere approfondimenti. Conosceva la teoria, cara al maestro, della sinergia prodotta dai due verbi che spesso usava per definire l'apprendimento (capire e comprendere) e dava per certo che anche stavolta Wu Zhi non avrebbe deluso.

Aveva accettato di buon cuore di occuparsi della organizzazione del piccolo evento.
Per questo entrambi, lui e il maestro, erano già da qualche giorno nel paesino dove si sarebbe tenuto l'incontro.
Da tempo, nel villaggio, non accadeva nulla di particolare e le giornate si susseguivano con monotonia: le attività nei campi, la cura del bestiame, la vendita di frutta e ortaggi, i servizi essenziali di vitto e alloggio nelle due taverne frequentate dai pochi commercianti che salivano fin lassù in cima alla montagna. Quando la gente aveva saputo che sabato sera finalmente avrebbe potuto conoscere Wu Zhi, il grande saggio che abitava nel monastero dell'altra valle a un giorno di cammino, era entrata in trepidazione e mai attesa era stata più eccitante.

Li Min aveva curato tutto.
E tutto ormai era pronto: il piccolo palco; l'orario perfetto, con la luce giusta del sole, ancora tiepido prima del prossimo tramonto; alcune seggiole di legno disposte in prima fila per le persone più anziane; il pubblico, numeroso, opportunamente avvertito da giorni, che aveva invaso la piazzetta, desideroso di ascoltare il maestro.

Li Min aveva anche obbedito ad una strana preghiera rivoltagli da Wu Zhi.
Prima di mettersi in marcia con il maestro e lasciare il monastero all'inizio della settimana, era entrato nella banca locale del paese e si era fatto prestare una banconota da 100 denari. Era la banconota più grande, per dimensioni e valore, emessa nello Stato. E la somma, di per sé alta, era addirittura incredibile per chi aveva fatto voto di povertà e viveva della carità giornaliera, costituita ogni tanto da piccole monete, ma soprattutto da offerte di cibo versato nella ciotola con cui i monaci giravano per le strade.
Il vecchio banchiere, noto per la generosità con cui finanziava alcune opere della municipalità, aveva in simpatia i monaci e non aveva obiettato: nascosta la meraviglia per la richiesta e senza neppure domandare la ragione del prestito, aveva aperto la cassa della banca e ritirato la banconota: perfetta, lucente, mai usata. Poi aveva consegnato con un sorriso affettuoso il biglietto di carta, fragrante e nuovo di stampa, al monaco, mentre Li Min continuava a ringraziare, inchinandosi, e giurava che naturalmente la banconota gli sarebbe stata restituita appena fossero tornati, lui e Wu Zhi, dal viaggio programmato nel paesino.

Il maestro non aveva mai visto una banconota da 100 denari. Quando il giovane allievo gliela consegnò, la osservò più volte: davanti, dietro, in controluce. Sapeva che sicuramente non ne avrebbe viste altre. Ma sapeva anche che la cosa non lo avrebbe per nulla addolorato.

Ora Wu Zhi è sul palco.
Li Min non ha neppure bisogno di chiedere silenzio: il brusio che aveva accompagnato l'attesa si era dissolto.
Tutti avevano lo sguardo puntato su Wu Zhi.

Il maestro si chinò con le mani giunte al petto, per salutare.
Ringraziò i presenti, dicendosi contento di aver potuto conoscere il loro villaggio: nei due giorni precedenti, disse, aveva girato per le stradine e aveva parlato con molti, apprezzando lo spirito laborioso, le abitudini frugali, l'atteggiamento sano verso la vita e i loro comportamenti di reciproca benevolenza.

Poi venne al tema.
«Non vi annoierò con molte parole. Vi proporrò un esperimento. Breve, semplice. Vi farò anche qualche domanda e mi risponderà chi vorrà rispondermi. Alla fine vi chiederò di dirmi che cosa ho voluto trasmettervi. E vi lascerò con un pensiero: uno solo. Ma importante. Che forse rinforzerà i pensieri che già pensate. Oppure vi farà pensare nuovi pensieri. Siete pronti?»

Il gruppo, più incuriosito che mai, era titubante.
Non si aspettavano di dover dare risposte al maestro: loro erano ignoranti, lui era il saggio. Erano accorsi per ascoltare, non per intervenire. Che ne sapevano delle cose che Wu Zhi gli avrebbe insegnato?
Si guardavano l'un l'altro: spiazzati, anche un po' preoccupati.
Il maestro capì il loro sbalordimento: e fece un sorriso largo, caldo, accattivante.
«Certo che siete pronti. E' la domanda che è sbagliata. E si conferma che anche i sedicenti saggi ogni tanto indulgono in sciocchezze...!!».

Il sorriso corse per il gruppo: il clima si rilassò.
Wu Zhi estrasse dalla tasca della tunica la banconota da 100 denari e la alzò, ben visibile, sopra la testa, muovendola più volte da sinistra a destra e da destra a sinistra.
Lo stupore dei presenti si espresse con qualche gridolino di meraviglia.

«Immagino conosciate ciò che vi sto mostrando. Magari non ne circolano tante nelle case del vostro villaggio. Ma non sarà la prima volta che vi capita di vederla. Io invece ne ho preso visione, per la prima volta, questa settimana, quando Li Min, gentilmente, me l'ha procurata. La dovremo restituire alla banca del nostro paese quando faremo ritorno. Mi serviva per questo incontro. E la prima domanda, ovvia è: che cosa vi sto facendo vedere?»

Il gruppo rispose in coro e Wu Zhi assentì, scuotendo il capo più volte.
«Certo. Si tratta di una banconota da 100 denari. Nuovissima. Appena stampata. La carta, addirittura, profuma di inchiostro. Chissà quante cose si possono comprare con 100 denari... A chi non piacerebbe averla?».

In prima fila, una vecchia, sdentata, non trattenne una risata, che si propagò per tutta la fila.
Anche il maestro si unì al moto di ilarità generale.
«Già, tutti la vorrebbero, questa banconota. Ma ora, guardate.»

Il maestro abbassò la mano e rinchiuse la banconota in un pugno.
Poi aprì e richiuse il pugno tre volte.
Alla fine, fece vedere a tutti la banconota tutta accartocciata, ridotta quasi a una pallottola di carta.
Si diffuse un mormorio misto di stupore: ma perché il maestro aveva rovinato una banconota così bella?

Wu Zhi domandò:
«E adesso, questa cos'è? E' ancora una banconota? Vale ancora 100 denari? La vorreste, nonostante non sia più bella, stirata e fragrante, come prima?».
Un giovane dal gruppo urlò che lui se la sarebbe tenuta subito. E gli altri, in sincronia, si unirono al grido: ripetendo 'anch'io, anch'io'.

Il maestro, rinfrancato dal clima allegro che si era creato, proseguì soddisfatto: prese la banconota con le due mani e cercò di distenderla per farla tornare come prima.
Poi, con un gesto improvviso, la gettò per terra. E vi passò sopra i piedi due volte: con violenza, con cattiveria.
Ancora una volta i presenti espressero la loro meraviglia con un un vocìo diffuso.
Wu Zhi commentò:
«I miei sandali hanno fatto tutte le miglia della valle e sono sporchi di terra. Avete visto: le loro suole hanno calpestato la banconota da 100 denari più volte. Cosa è successo alla banconota? Ora è tutta sporca. Vale ancora i 100 denari che ha scritto sulle due facciate? La vorreste?»
Raccolse ovviamente un sì generale.

A questo punto il maestro, come concordato, chiese a Li Min di avvicinargli una bacinella piena d'acqua.
Vi immerse la banconota, lasciandola a mollo per qualche secondo. Poi la estrasse dall'acqua, la sgocciolò e cercò di asciugarla con una pezzuola che aveva nella tasca della tunica.
«Ecco, ora è umida, ma con la brezza che viene dalla valle si asciugherà presto. Resterà spiegazzata, non sarà pulitissima, non tornerà come nuova. Ma ha perso valore? Io non mi posso certo permettere una banconota simile, ma se domani la usassi in uno scambio commerciale con qualcuno di voi, la accettereste? Varrà ancora 100 denari?».

Naturalmente fu un sì corale.

Il maestro, sempre per alimentare il clima di buonumore ormai dominante, aggiunse scherzando:
«Quindi mi assicurate che quando restituirò la banconota in banca, me la riprenderanno? Non è che faranno storie perché non è più nuova come quando me l'hanno data? No, perché io i 100 denari mica ce li posso rimettere. E poi questo incontro, per quanta simpatia io posso provare per voi, mi costerebbe un po' troppo...».

La risata fu generale, dalle prime alle ultime file, e il maestro lasciò che si sfogasse.
Poi, quando si rifece silenzio, Wu Zhi, con mossa teatrale, riconsegnò la banconota a Li Min, che subito l'appese con una molletta perché asciugasse ad un ramo della grande quercia che sporgeva sul palco.

Trascorsero attimi che sembrarono minuti.
E allora?
Tutti attendevano la parola di Wu Zhi.
Ma Wu Zhi li sorprese ancora una volta.
«Vi domanderete perché ho trattato così male una banconota da 100 denari. E' vero, il denaro non è in cima ai pensieri di un monaco: io non lo amo e men che meno lo considero un dio, come invece molti, soprattutto nelle grandi città, sono soliti fare. Però neppure vorrei eliminarlo: so quanto è importante per regolare gli scambi di prodotti e servizi. Ma, se è così, perché ho fatto ciò che ho fatto? Qualcuno ha una risposta?».

Il volto aperto e dolce, con il sorriso benevolo sempre stampato sulle labbra, ma sincero e mai affettato, voleva incoraggiare chiunque a farsi avanti. Ma Wu Zhi era consapevole del disagio che la sua richiesta stava creando: chi osava confrontarsi con la saggezza di un maestro?

Fu una ragazza.
Avanzò dal fondo del gruppo, conquistando spazio tra gli adulti ammassati. Quando fu sotto il piccolo palco, alzò la mano, un po' per farsi individuare e un po' per indicare che lei aveva qualcosa da dire.
Wu Zhi la notò e la invitò con calore a farsi avanti: la aiutò a salire sul palco e la incoraggiò a parlare.

«La banconota siamo noi», annunciò con sicurezza la ragazza.

Il maestro osservò la giovane con particolare attenzione: sui 12-15 anni, minuta, magrolina, lunghi capelli biondi cadenti sulle spalle, un viso tondo, occhi vispi, faceva trasparire un piglio evidente, come di chi è abituato ad avere idee e a esprimerle con coraggio, senza farsi intimidire.

In paese, la ragazza era nota per quella che era chiamata una sua stravaganza: anche se non si sottraeva, come le sue compagne, alle attività dei campi ed era in genere socievole e allegra, talvolta si incupiva e si isolava, spendendo tempo per leggere libri che gli altri definivano strani, difficili, incomprensibili. Non era saccente, anzi: si mostrava sempre disponibile a spiegare a chi ne sapeva meno e a insegnare a chi manifestava desiderio di imparare e chiedeva aiuto. Era soltanto diversa: dal paese si faceva ben volere, ma il paese sentiva che lei non era normale come le altre e questo un po' attraeva e un po' creava distanza.

Wu Zhi regalò alla giovane un sorriso luminoso, le pose una mano sulla spalla e la invitò a chiarire meglio cosa intendeva dire.
«Continua, ti prego. Credo tu abbia incuriosito tutti. Ti ascolteremo con tutta la disponibilità e l'attenzione di cui siamo capaci. E anzi, sin da adesso desidero dirti grazie per aver preso la parola e farci dono del tuo pensiero».

Il pubblico si era ammutolito: affascinato da quello che stava per accadere. Quella ragazza mostrava un bell'ardire: osava dire la sua al maestro. E il maestro addirittura l'aveva ringraziata anticipatamente per quello che avrebbe detto.
La ragazza chinò il capo in segno di rispetto per Wu Zhi: non aveva bisogno di essere rincuorata, ma colse con piacere la sua amabile benevolenza e questa le diede ancora più forza.

Le sue parole uscirono convinte e appassionate, senza una pausa o un tentennamento: sembravano il frutto di una riflessione profonda.
Il suo sguardo era diretto un po' al maestro, un po' al gruppo dei presenti: che ascoltavano quasi trattenendo il respiro, come per favorire la concentrazione.

Disse:
«La banconota, a meno che la distruggiamo dandole fuoco o tagliuzzandola tutta in mille pezzi, mantiene sempre il suo valore. La possiamo accartocciare, calpestare, gettare nell'acqua. Se vale 100 denari, continuerà a valere 100 denari. Come noi esseri umani: non perdiamo valore. Possiamo essere offesi, umiliati, maltrattati, rifiutati: valiamo sempre ciò che valiamo. Questo non vuol dire che siccome l'altro non perde mai valore, allora possiamo fare ciò che vogliamo dell'altro: perché l'altro non è un oggetto. E se non perde valore come una banconota, tuttavia non è una banconota che si può accartocciare o calpestare. Perché la banconota è solo carta, mentre noi siamo anche anima: che sente le ferite che le vengono inferte. Però l'esempio della banconota, se inteso correttamente, ci ricorda che se noi abbiamo valore, e tutti abbiamo valore, e se noi crediamo nel nostro valore, il nostro valore si mantiene. E' un insegnamento potente: quando siamo depressi, quando qualcuno ci fa del male, quando ci sembra che il mondo ci stia crollando addosso, e forse un po' ci sta crollando addosso, noi, anche se siamo finiti in un buco nero, o a terra doloranti, o sotto le macerie, continuiamo a valere quello che eravamo prima. Anche dopo, sotto le macerie, se prima valevamo 100 denari, conserviamo il valore dei 100 denari».

La ragazza tirò un respiro e fissò a lungo Wu Zhi, mentre lo omaggiava con un inchino prolungato: non si attendeva necessariamente il suo assenso, ma gli era grata perché le aveva consentito di manifestare il suo pensiero.
Poi, a voce ancora più alta di come fino a quel momento si era espressa, per farsi ascoltare bene da tutti, aggiunse.
«Maestro, io non so se questo è ciò che tu oggi volevi insegnare, ma questo è ciò che io ho appreso. E ti ringrazio dal profondo del cuore: perché credo non potrò mai dimenticare il messaggio che tu mi hai aiutato a fare mio, in modo così semplice e coinvolgente, mostrandomi una banale banconota.»

Chiunque avesse sentito parlare delle riunioni di Wu Zhi sapeva che, se non si voleva indispettire il maestro turbandogli la serenità di fondo di cui sempre godeva, una cosa soltanto andava assolutamente evitata, almeno in chiusura.
Ma quando Wu Zhi, al termine delle parole della ragazza, si inchinò tre volte di fronte a lei, manifestandole il suo compiacimento e il suo sentito rispetto, per la prima volta ci fu l'eccezione. Sì, non solo ci fu l'applauso di tutti: spontaneo e insopprimibile, benché cauto e sorvegliato, rivolto insieme al maestro e alla ragazza. Ma addirittura si vide il maestro unirsi per qualche secondo alla acclamazione: sorrideva e batteva delicatamente le mani, guardando con simpatia affettuosa chi aveva svelato con tanta intelligenza di mente e di cuore il suo insegnamento.

*** Massimo Ferrario, Il maestro Wu Zhi, la banconota, la ragazza, per Mixtura - Rielaborazione creativa di un testo diffuso anche in internet


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