sempre sulla bocca di tutti
ma quelle che furono bruciate, calpestate,
quelle che mancano come i chicchi d’uva
mangiati anzitempo,
ma a questo nessuno fa caso.
Non i gesti
che i credenti scimmiottano
per i sacerdoti
ma quelli che il corpo fa fatica ad apprendere
per poter sopravvivere
e non può trasmetterli ad un altro corpo.
Non l’odore
d’incenso o di nostalgia sbocciata,
che ci assopisce o culla in un torpore setoso,
ma quello che ci scuote, che inaspettatamente
invade le cavità corporali
e resuscita tutti i sensi.
Non la poesia
che scivola per le banchine gelate della storia letteraria,
ma quella il cui audace odore
è capace di smuovere
il cardine di gesti e parole.
*** Taja KRAMBERGER, 1970, poetessa slovena, traduttrice, saggista, Non le parole, da Taja Kramberger, Vsakdanji pogovori (Conversazioni quotidiane), traduzione di Michele Obit, CSK, Ljubljana, 2006, in ‘i poeti sono vivi.com’, 20 settembre 2012, http://bit.ly/18jnoML
Anche in 'losguardopoIetico', 194, 27 ottobre 2013
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