Cambiare è difficile perché siamo troppo affezionati a ciò che crediamo di essere, siamo ancorati a quel personaggio che conosciamo, alla nostra identità. Cambiare è impegnativo, significa mettersi in discussione; invece preferiamo non vedere, non vogliamo sapere, meglio non conoscere la verità perché la verità potrebbe cambiarci.
Avere un rapporto profondo con un altro è pericoloso da questo punto di vista, poiché più il rapporto è intimo e maggiore è il rischio di esserne influenzati e quindi modificati. Jung dice che l’incontro autentico di due persone è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c’è una qualche reazione, entrambe ne vengono trasformate.
Il trauma è l’incapacità a godere di una relazione. Quando le relazioni che abbiamo si impoveriscono, soffriamo. Per godere di queste relazioni, per far si che una relazione sia creativa e foriera di cambiamento dobbiamo accettare che sia sovversiva, che quindi ci possa destabilizzare, destrutturare, rinnovare. Perché in fondo, come ci ricorda Jung: ogni incontro che facciamo è un incontro con noi stessi.
Vero: gli altri siamo noi. E ogni volta che proviamo irritazione, fastidio, rabbia nel vedere un dato comportamento nell’altro, dovremmo chiederci quanto quella sua difficoltà sia anche la nostra, quanto quel comportamento ci appartenga. Allora, non esisteranno più nemici esterni, ma solo occasioni di comprensione. L’occasione è il rapporto stesso con l’altro e come lui risuona in noi.
Se, dunque, la relazione è il luogo prediletto ove osservare le nostre stesse difficoltà, solo in essa e attraverso di essa possiamo cambiare, accogliendo con occhi diversi e con lo sguardo del cuore le emozioni e i loro nuovi significati che sorgono nel rapporto interpersonale. Solo allora scopriamo chi siamo e la vita diventa piena.
*** Roberto RUGA, psicologo e psicoterapeuta, 'facebook', 29 dicembre 2017, qui
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