Quanto all’arte, siamo passati da società semplici, che permettevano a chiunque un certo accesso alla bellezza, a una società globalizzata che l’ha resa praticamente inaccessibile. È vero, molti pagano un biglietto e possono ammirare i capolavori. In che modo, però? Tutti in fila, in modo scolastico, e per un istante. Solo i super ricchi, che comprano le opere, possono accedervi davvero. Così, dalla bellezza condivisa si passa al lusso esclusivo, che suscita invidia. Nel termine ‘esclusivo’ c’è qualcosa di immorale: significa ‘caccio via gli altri’. E ‘lusso’, in latino, vuoi dire ‘fuori posto’; pensiamo per esempio a una spalla lussata. (...)
[D: Dove troveremo la bellezza che ci è necessaria per vivere?]
Essendo un valore nascosto, una qualità divina che si allontana, il nostro occhio dovrà andarla a cercare, con pazienza, in piccoli episodi quotidiani, nell’arte moderna mescolata alla bruttezza, nel cinema neorealista che filmava in bianco e nero con grande capacità estetica. Occorre non avere fretta. C’era bellezza nel violinista americano che per un’ora ha suonato uno Stradivari nella metropolitana. Pagato di solito mille dollari al minuto, ne ha guadagnati 30: il problema era la fretta della gente. Uno dei massimi responsabili dell’intossicazione del XX secolo è stato Filippo Tommaso Marinetti, con i suoi inni alla velocità. Purtroppo ha fatto molti proseliti, anche a sinistra.
*** Luigi ZOJA, 1943, psicoanalista, autore di Giustizia e Bellezza, Bollati Boringhieri, 2007, intervistato da Carlo Grande, ‘D la Repubblica delle Donne’, 4 agosto 2007.
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