bella ciao, con un fazzoletto rosso al collo
magari proprio sul più bello
di una vita ancora tutta da desiderare
o tra le lenzuola fresche di una bella mattina
e si moriva d’inverno,
nascosti alla vita nel fieno
di qualche cascina
con una donna mai vista
a fingere d’essere tua madre
o tua moglie
e si moriva d’autunno, nei fossi
sorpresi di foglie
come cicale curiose del gelo
e si spariva ragazzi, in aprile
d’agosto
fermati e freddati sul posto
o su un vecchio vagone piombato
e poi si è morti di ordigni e di trame
di stragi che adesso
chiamiamo di stato
truffandoci la vista col linguaggio dolciastro
del potere
con cui strisciamo la notizia della
pace armata
e delle bombe intelligenti
che oggi, a sorpresa, uccidono qualcuno
e ci chiediamo tutti, teleguidati nei salotti bene
di Rai1
quale storia sia davvero questa
che non riusciamo più a chiamare nostra
siamo i ribelli della montagna*
l’otto settembre
Ustica
una finestra in questura
da cui si cade e si muore
revisioni e processi
indagini che non portano mai a niente
e tutto il sangue nel sangue
negli occhi stanchi della gente
che ha stretto di lacrime e lavoro
questo suo seme di terra
da cui è nato un paese che ripudia la guerra
*** Maurizio MATTIUZZA, 1965, poeta, Un seme di terra, da Maurizio Mattiuzza, Gli alberi di Argan, La Vita Felice, 2011. Anche in ‘blanc de ta nuque’ – uno sguardo sulla poesia italiana contemporanea, 22 settembre 2011, qui - (*) Canzone della resistenza italiana, qui
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