«Qualcuno prima o poi dovrà spiegarmi che cos’è un mostro» disse. «Li chiamiamo così, ma intanto restiamo a guardare, non riusciamo a cambiare canale perché sappiamo che sono come noi: umani. È questo che ci cattura, il riconoscere una parte di loro in noi.»
Marini guardò la foresta immobile. Forse si stava chiedendo che segreti custodisse, di quali altri orrori sarebbe stata, forse, presto testimone.
«Secondo lei, il mostro è in ognuno di noi?» chiese. Sembrava scettico.
«Ne sono convinta. Se sei fortunato, se il destino ti dà in dote una vita almeno decente, continuerà a dormire fino al tuo ultimo respiro. In loro, invece, è stato alimentato da abusi e traumi.»
Lo sguardo di Marini tornò a scandagliarle il viso.
«Crede siano vittime?» domandò, con uno stupore misto ad avversione. Teresa sapeva che le sue convinzioni scatenavano spesso reazioni di rifiuto. Non era facile umanizzare l’orrore, crederlo alieno era rassicurante.
«Lo sono sempre» rispose, convinta. «Condannati a cibarsi dell’unica cosa in grado di calmare per un po’ la fame violenta che li attanaglia.»
«E cioè?»
«Il potere. Il potere assoluto su un altro essere umano.»
*** Ilaria TUTI, scrittrice, Fiori sopra l'inferno, Longanesi, 2018
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