sabato 4 novembre 2017

#RACCONTId'AUTORE / La principessa ribelle (Idries Shah)

Un certo re era convinto che ciò che gli era stato insegnato e in cui credeva fosse giusto.
Per molti versi il re era un uomo giusto, ma aveva le idee limitate. Un giorno disse alle sue tre figlie: «Tutto ciò che ho è vostro, o sarà vostro. Io vi ho dato la vita. Sono io, con la mia volontà, che determino il vostro futuro e, di conseguenza, il vostro destino».

Doverosamente, e convinte della verità dell’affermazione, due delle ragazze si inchinarono e si dichiararono d’accordo.
La terza, invece, disse: «Per quanto la mia posizione richieda la mia obbedienza alle leggi, non posso credere che il mio destino sia sempre determinato dalle tue opinioni».
«Vedremo», disse il re.
E ordinò che la figlia fosse imprigionata in una piccola cella, dove ella languì per anni.

Nel frattempo, il re e le figlie obbedienti spendevano liberamente le ricchezze che, altrimenti, sarebbero state spese per la figlia ribelle.
Il re diceva a se stesso: «La ragazza è chiusa in prigione non per sua volontà, ma perché io l’ho voluto. Questo prova in misura sufficiente, a qualsiasi mente logica, che è la mia volontà, non la sua, a dominare il suo destino».

La gente del paese, sentendo parlare della situazione della principessa, si diceva: «La principessa deve proprio aver fatto o detto qualcosa di molto sbagliato perché il sovrano, al quale noi non troviamo difetti, tratti la sua stessa carne in questo modo».

Di tanto in tanto, il re andava a far visita alla ragazza. Sebbene fosse pallida e indebolita dal carcere, continuava a rifiutarsi di cambiare atteggiamento .
Alla fine, il re perse la pazienza.
«La tua sfida continua finirà con l’incollerirmi sempre di più», le disse, «e con l’indebolire i miei stessi diritti, se tu rimarrai nel mio regno. Potrei ucciderti, ma sono misericordioso. Quindi, ti bandirò dal mio regno, inviandoti nel deserto, al confine con il mio territorio. Il deserto è abitato solo da bestie e da gente strana, emarginata, che non potrebbe sopravvivere nella nostra società razionale. Là, scoprirai presto se potrai avere un’esistenza indipendente da quella della tua famiglia e, se ce la farai, se preferirai quella vita alla nostra».

Il suo decreto fu immediatamente eseguito e la principessa venne condotta ai confini del regno.

La principessa si trovò sola, in una terra selvaggia, che non aveva nulla in comune con i luoghi protetti della sua infanzia.
Ma imparò presto che una caverna poteva fungere da casa, che le noci e i frutti provenivano dagli alberi proprio come provenivano dai piatti d’oro, che il calore proveniva dal sole. E che questo deserto possedeva un clima e un modo di esistere tutto proprio.
Dopo qualche tempo, la sua vita risultò essere molto ben organizzata, la ragazza poteva avere acqua dalle sorgenti, verdure dalla terra e fuoco dalla legna degli alberi.
«Qui», si disse, «c’è un genere di vita in cui gli tutti gli elementi si appartengono e formano una completezza; eppure, né individualmente, né collettivamente obbediscono agli ordini di mio padre».

Un giorno, un viaggiatore che si era perso - era un uomo di ingegno e di grande ricchezza - incontrò la principessa, se ne innamorò e la condusse al proprio paese, dove si sposarono.
Dopo qualche tempo, i due decisero di tornare nel deserto e lì costruirono un’enorme e prospera città, dove la loro saggezza, le loro risorse e la loro fede si esprimevano al massimo grado. Gli eccentrici e gli altri emarginati, molti dei quali erano considerati pazzi, si integrarono perfettamente e utilmente in questa vita dai molteplici aspetti.
Per scelta unanime degli abitanti, la principessa e suo marito furono eletti sovrani di questo nuovo regno ideale.

Un certo giorno, il re decise di visitare questo luogo strano e misterioso sorto nel deserto e popolato almeno in parte - aveva udito - da coloro che lui ed i suoi pari disprezzavano.
Si mise in viaggio e si presentò alla casa dei sovrani.
Fu nel momento in cui, a testa china, si avvicinava lentamente al trono sul quale sedeva la giovane coppia e alzava gli occhi per incontrare quelli la cui fama di giustizia, prosperità e comprensione superava di molto la sua, che poté udire le parole mormorate dalla figlia: «Vedi, Padre, ogni uomo e ogni donna hanno il proprio destino e la propria scelta».

*** Idries SHAH, 1924-1996, scrittore britannico di spiritualità, novellistica e psicologia sufi, Tales or the Dervishes, Dutton, New York, in Sylvia Brinton Perera, Capro espiatorio, 1986, Edizioni Red, Como, 1993.


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