A me il direttore Mauro Felicori che si ferma a lavorare nel suo ufficio della Reggia di Caserta fino a tarda ora non convince del tutto.
Intendiamoci, bravo-bravissimo. Soprattutto perché lo fa da dipendente pubblico e Dio sa se ce n’è bisogno. Però trovo ci sia qualcosa di fasullo nello storytelling (si dice così, ora) di questo funzionario weberiano in terra casertana.
Superomismo travestito da consuetudine: vedete - ecco il sottotesto - in un paese in cui la regola dovrebbe essere il rispetto del proprio dovere, l’unico modo per raggiungere la normalità è affidarsi ad un solo uomo che si carica sulle spalle il peso dell’esempio e indica la rotta.
Com’era quella storia della luce sempre accesa nell’ufficio di Mussolini in piazza Venezia? Che uno si chiede: ma è proprio così? Siamo sicuri che non si riesca a fare il proprio dovere nell’orario di lavoro?
Anche perché, in tutte le interviste cui si è sottoposto, nessuno ha mai fatto una domanda semplice semplice, a Felicori: mi scusi direttore, ma, posto che anche chi lavora nel privato alle 20 più o meno stacca, fino alle 21-21.30 lei in ufficio con precisione cosa fa che non si possa fare da casa, magari con un portatile? Secco secco, così.
Dopodiché, fanculo ai sindacati che difendono i fancazzisti.
*** Massimo SORCI, giornalista, Lo storytelling della luce accesa nell'ufficio di Piazza Venezia, 'linkiesta', 6 marzo 2016, qui
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