“Maria Elena Boschi assomiglia sempre di più alle nobildonne rinascimentali che lasciano beni e affetti perché rapite da una vocazione religiosa. Una Santa Teresa d’Avila che, scolpita dal Bernini per Santa Maria della Vittoria a Roma, acquista sensualità nel momento in cui la trafigge la freccia dell’estasi divina”. Quando lesse su Panorama questo scampolo di prosa sobria e asciutta, e soprattutto notò in calce la firma di Bruno Vespa, Maria Elena Boschi – sempre sia lodata – andò su tutte le furie. E, allergica com’è a qualsivoglia piaggeria, decise di fargliela pagare. Infatti l’altroieri è andata a presentargli il suo libro Donne d’Italia, di cui ha apprezzato soprattutto il sottotitolo “Storia del potere femminile da Cleopatra a Maria Elena Boschi”, pur domandandosi cosa diavolo c’entri Cleopatra che non era neppure italiana, né tantomeno alla sua altezza. Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta, e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare. La messa cantata – riferisce l’Huffington Post – s’è svolta nella location ideale per la rediviva Santa Teresa d’Avila in Santa Maria della Vittoria: il convento di Santa Chiara in Roma.
Lì, in un’aura soprannaturale (c’era pure Santa Astrosamantha), quel diavolo di San Bruno l’ha subito fustigata con una domanda trabocchetto delle sue: “Lei cresce in una famiglia molto cattolica, ha fatto la chierichetta, inusuale per una donna, poi la Madonna nel Presepe”. Lei, levitando, ha annuito pudìca con le guance avvampate da un accenno di rossore tipico delle donne angelicate: “Già, ricordo che mio nonno non era d’accordo. I chierichetti erano maschietti, io però…”. In prima fila Augusta Iannini in Vespa e il suo capo Garante della Privacy Antonello Soro, trafitti per contagio dell’estasi divina, hanno sorvolato sulla grave violazione della privacy. Ch’ogne lingua devien, tremando, muta e li occhi no l’ardiscon di guardare. Sempre più perfido, il Santo Vespone ha domandato alla Vergine Maria Elena se non si senta per caso un po’ a disagio per la presenza del santo padre Pier Luigi al vertice della Banca Etruria spolpata, bollita, commissariata e poi salvata dal governo di cui lei fa parte con due decreti in un anno. E lei, circonfusa di un olezzo di rose e gigli: “Politicamente no, perché il governo non fa favoritismi. Personalmente sento del disagio verso di lui e la mia famiglia. Mio padre è una persona perbene. Se è finito nelle cronache, è perché è mio padre e mi spiace”. Ci scusi, Santo Padre, se abbiamo osato scrivere certe cose.
Tipo che nel Cda di Etruria dal 2011, fu promosso vicepresidente nel maggio 2013, guardacaso tre mesi dopo che sua figlia divenne ministra, invertendo l’ordine dei fattori del familismo all’italiana: dai figli di papà al papà di figlia. E ci perdoni se azzardiamo ad accennare che due ispezioni di Bankitalia nell’istituto cattomassonico aretino, nel 2012 e nel 2013, portarono a una maxi-multa per 18 tra sindaci e amministratori che l’avevano trasformato nella Banca del Buco. E tra questi Pier Luigi Boschi, multato per 144 mila euro a causa delle sue “violazioni di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza”. Il settore crediti era curato da Emanuele Boschi, figlio di Pier Luigi e fratello di Maria Elena, giovin etrusco un po’ sbadato: non s’era accorto dei fidi spericolati che si autoassegnavano fior di amministratori. Ragion per cui le Procure di Arezzo e Firenze indagano per false comunicazioni sociali a danno dei soci o dei creditori, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto.
Ma al Beato Bruno, come a tutti i giornali, basta e avanza l’esauriente spiegazione della Venerabile Ministra: si parla del padre solo perché lei è la figlia. Sarebbe indelicato insistere con altre domande. Meglio cambiare argomento: “Lei è la donna ministro che ha avuto più responsabilità. È vero che studia la mattina presto?”. E lei, ritrosetta, arricciando il nasino: “Certo, non si smette mai di imparare. Mi è servito molto l’insegnamento di un mio professore al liceo. Quando gli dicevo ‘non me la sento, non sono in grado’, lui mi diceva ‘non esistono cose impossibili, basta studiare’”. Ma ecco ancora implacabile il pungiglione di Vespa: “È vero che lei è un po’ secchiona?”. Ahiahi bricconcello. Lei, lungi dall’accusare il colpo, rilancia: “No, perché le secchione sono antipatiche”. Tiè. Lui non demorde e tenta il ko: “Lei è una secchiona che faceva copiare i compiti?”. L’Immacolata impercettibilmente vacilla, ma resta in piedi nella sua teca dorata, riassestandosi l’aureola sul capino: “È diseducativo se rispondo”. Prima che ascenda al cielo in direzione Leopolda, ad assistere San Matteo in quello che Repubblica definisce “il fact checking renziano… la verifica delle promesse fatte nel 2014” (a cura dello stesso che le ha fatte: come uno studente che si corregge le versioni da solo e si dà i voti in pagella), c’è ancora tempo per I fioretti di Santa Maria Elena: “Esco di meno rispetto a prima, ma ne vale la pena, è una grande responsabilità governare il Paese”, “Mi piacerebbe un figlio”, “Non sono dura, sono determinata”, “L’alba più bella della mia vita è stata quella sull’aereo dal Congo quando andammo a prendere i bambini”. Mostrasi sì piacente a chi la mira che dà per li occhi una dolcezza al core, che ‘ntender no la può chi no la prova; e par che de la sua labbia si mova un spirito soave pien d’amore, che va dicendo a l’anima: sospira.
Ps. La regina Cleopatra ha subito sporto querela contro Bruno Vespa per l’incauto e diffamatorio accostamento.
*** Marco TRAVAGLIO, giornalista e saggista, direttore di 'Il fatto Qyotidiano', Il Vespino dei Boskerville, 'Il Fatto Quotidiano', 12 dicembre 2015, qui
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