I partiti di sinistra al governo si sono arenati nella visione post-ideologica della cosiddetta «terza via», basata sul disconoscimento della contrapposizione di interessi tra chi mette a disposizione il proprio lavoro e chi ne usufruisce dietro pagamento di un compenso. La lotta di classe viene quindi sostituita con la «pace sociale», il cui arbitro indiscusso diventa la politica, che all’occorrenza sfodera l’interesse superiore della nazione, cui nessuno può sottrarsi.
Guarda caso, però, quell’interesse superiore e astratto, che spesso assume la forma di una grave crisi economica, finisce per condurre a scelte politiche favorevoli al capitale, e piuttosto sfacciatamente contrarie ai lavoratori, e più in generale allo Stato sociale, ovvero alle categorie sociali deboli che necessitano del sostegno pubblico.
In questo modo, l’interesse del potere capitalista assurge a un rango superiore, ribaltando la prospettiva con cui è stata sempre concepita la lotta di classe: il capitale cerca e ottiene il consenso del potere politico, cosicché una quantità sempre maggiore di leggi pone una tutela statale contro l’interesse e la capacità di negoziazione dei lavoratori, a cui i diritti vengono gradualmente sottratti. La capacità dei grandi capitalisti di accumulare ricchezza, che trova già la sua linfa vitale nell’innata maggiore forza contrattuale, viene sostenuta anche sul piano delle norme, che prima era per lo più prerogativa della parte debole, i lavoratori. Ma il ribaltamento è avvenuto anche sul campo, perché pian piano gli spazi di protesta concessi ai lavoratori per ottenere condizioni migliori sono andati inesorabilmente riducendosi.
*** Lidia UNDIEMI, dottore di ricerca in diritto dell'economia, saggista, La lotta di classe nel XXI secolo, Ponte alle Grazie, 2021
In Mixtura ark #Mosquito qui
Nessun commento:
Posta un commento