Cammini nel viale vuoto sotto casa
nella solitudine sfinita
di un lockdown senza fine:
ti sei fatto dono obbligato di una pausa trasgressiva,
ad evitare che la spossatezza della lunga prigionia
si faccia angoscia di una claustrofobia irrimediabile.
Un sole dritto e inesorabile ti acceca
e ti è compagno un vento pazzo di primavera
che agghiaccia e frusta gli alberi,
appena rinati alla fioritura dopo la rigidità dell’inverno.
L’aria, a tratti furiosa,
un po’ ti sollecita il passo,
carezzandoti da dietro,
e un po’ ti spintona avanti
perentoria e imperiosa,
a strappi e balzi sempre più energici e violenti.
Fantastichi di finire sollevato
a mulinello
e mentre il vortice irrefrenabile
ti aspira e ti fa suo,
strappandoti la mascherina,
e l’aria ghiaccia ti scartavetra la faccia,
e finalmente respiri e di nuovo respiri,
ti ritrovi dolcemente fiondato lassù:
imbucato e nascosto
dentro l’unico batuffolo bianco
che rompe il denso turchese del cielo.
Volentieri ti consegni prigioniero
al fiocco candido di nuvola.
E sarà anche questo lockdown:
ma tenero e confortante.
Benevolo e accogliente come quando,
ancora infante,
ti racchiudevi in posizione fetale
- il dito in bocca, gli occhi appena schiusi -
sulle gambe della nonna
che ti cullava seduta
nella nenia del dormiveglia
e tu rifiutavi di addormentarti
per non smettere di godere nel naso
del profumo che solo era suo
e allora e per sempre
diventava tuo.
Piccolo di pochi mesi,
sapevi, senza saperlo,
che quello era Paradiso:
da poco perduto,
appena ritrovato.
E ora lo sai:
mai più riprovato.
*** Massimo Ferrario, Fantasticando su un altro lockdown, per Mixtura.
In Mixtura ark #SguardiPoietici qui
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