E poi ci meravigliamo che i nuovi capi si chiamino algoritmi?
Domanda che conterrebbe almeno una punta di speranza: che cioè ci si si possa ancora sorprendere per una tale assurda equivalenza.
Invece, giustamente, no: la domanda è pura finzione.
Nessuna domanda. Nessuna meraviglia.
E nessuna protesta.
Se non da parte delle persone diventate algoritmi.
Tutti gli altri - imprenditori, manager, professionisti di organizzazione e di personale - responsabili di questo disumano degrado umano, zitti a fischiettare e a far finta di nulla.
E se li critichi, ti fanno capire che non hai capito: sono i tempi, ragazzi. Mica dipende da noi. Che ci volete fare?
Già. E' tempo di algorithmic management (in inglese fa più fino).
E non riguarda solo rider e driver.
Dappertutto imperversa il nuovo alignment (in inglese fa più fino).
Chi non si allinea, non è licenziato: verbo che suona brutto e intacca il 'pensiero positivo' che deve rifulgere ovunque.
Chi non si allinea è semplicemente disconnesso: verbo che suona incolore e indolore.
E prende meglio per i fondelli.
Anche perché è un algoritmo che lo fa, mica un altro essere umano.
La neolingua manageriale non ha neppure il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. E di accettare, anche con le parole appropriate, la responsabilità di ciò che fa.
Però sa trattare come cose le persone.
*** Massimo Ferrario, Lavoro, da persone a risorse ad algoritmi, per Mixtura
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