Nostalgia di quei tempi
in cui le crisi fisiologiche
del vivere il mondo
erano benefiche e fertili.
Avevi perso speranza
e cadevi angosciato,
ma poi ti spronavi
o ti lasciavi spronare:
troppo comodo arrendersi,
credere che basti sedersi
e aspettare che la speranza arrivi
a portarci il futuro dei sogni
senza lo sforzo di un progetto pensato
e di un’azione faticata
che spinga ostinatamente a realizzare
ciò che al momento è appena un baluginio
di un domani possibile.
Nostalgia di quei tempi
in cui allora ti rialzavi:
e ancora credevi
e giuravi in quel che credevi
e speravi attivandoti
e attivandoti speravi
che l'orizzonte ti ispirasse
dandoti impulso e guida.
Nostalgia di quei tempi
in cui la sperabilità era nel contesto
e il contesto erano compagni che ti erano compagni
e speravano quello che insieme si sperava.
Oggi si spera da soli.
E sperare da soli
contro un mondo che non spera
o, se spera,
spera nel benessere del proprio ombelico
vincente
è solo disperanza:
l’ultimo passo prima della
disperazione:
il fotogramma che precede la dissoluzione
di una società che non sa essere comunità.
Immiserita
ad aggregazione disaggregata
di individui
idiotamente individualisti:
neppure capaci di imitare
il modello di convivenza ordinata
di api o formiche.
Nostalgia di quei tempi:
che mai accadono
solo per volontà di un destino,
ma che oggi non sappiamo più
far accadere -
smarrito com’è
quello 'spirito del tempo’
che disperiamo di ritrovare.
***Massimo Ferrario, Nostalgia di quei tempi, per Mixtura
In Mixtura ark #SguardiPoietici qui
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