Una persona ti scrive sui social che sei "una malata mentale, una bipolare che si imbottisce di psicofarmaci" e figlia di un padre "ubriaco che la maltratta"? Riporta TGCOM (qui) che per la Procura di Roma non è reato, "perché quanto si scrive su Facebook non ha portata diffamatoria agli occhi di terzi".
Ossia: sui social puoi offendere quanto e chi ti pare, perché tanto lo fanno tutti e si fa per dire.
Non è diffamazione un commento violento, rabbioso e umiliante, perché "Le espressioni denigratorie costituiscono un modo efficace di sfogare la propria rabbia e godono di scarsa credibilità", scrivono nelle motivazioni della sentenza.
Quindi da ora in poi sappi che se sei stressata puoi prendertela con chiunque ti passi a tiro su Facebook, perché così tu riuscirai finalmente a rilassarti dopo una giornataccia al lavoro e all'altro non succederà niente, perché tanto alle offese online non ci crede nessuno e non fanno male davvero. Internet è un sano sfogatoio collettivo che fa bene a chi si libera dallo stress, e non crea nessun problema a chi si becca le violenze verbali. Perché "Non si deve dar peso a ciò che si legge sui social", si legge ancora nella sentenza.
Questa sì che è educazione digitale! "Ma che ti frega, mica te l'ha detto in faccia: te l'ha scritto su Facebook, quello non conta!"
Non aver ancora capito che bisogna abitare il mondo online con la stessa cura e lo stesso rispetto che abbiamo nel mondo "reale" è indice di una mostruosa ignoranza che ha ripercussioni gravi sulla vita di tutte e di tutti.
*** Andrea COLAMEDICI, filosofo, editore di Tlon, facebook, 2 dicembre 2018, qui
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