Questo che ho in mano è il più scabroso dei pastori, direttamente arrivato sul presepe napoletano dalla tradizione catalana. Caganer è il suo nome, e il perché lo si capisce bene dalla foto.
Quando ero bambino e facevamo il presepe, partecipavo alla costruzione delle case, della grotta, dei muschi, e al posizionamento delle statuine: il fruttivendolo, il venditore di polli, il forno del pizzaiolo, lo spazio dell'oste... Ogni anno c'era una novità: una volta il mulino ad acqua, un'altra il taglialegna, un'altra ancora l'elefante con una zanna spezzata. Ma ciò che a me più interessava era posizionare il pastore scabroso, che avevo vergogna a nominare, quello che speravo venisse sempre scovato, nascosto dietro qualche sughero, da chi veniva a casa nostra e ammirava il presepe.
Per molti, questa statuina rappresenta l'abietto che è lì ad espletare il più terreno dei bisogni proprio mentre nasce il Bambino. Per me, invece, questo personaggio dà il senso del reale alla scena: la sua necessità fisiologica non è sfregio verso la Nascita, semplicemente lui ignora cosa stia accadendo poco distante, come del resto gran parte dei pastori del presepe napoletano, che non sono tutti in adorazione del bambinello. Questo pastore rende la scena presepiale viva, miniatura dinamica. Simboleggia che il miracolo della nascita avviene nel quotidiano, nella distrazione, mentre si soddisfano bisogni e si assolvono doveri. Questa è l'incantevole bellezza del presepe napoletano: i miracoli non fermano il mondo, ma avvengono nel trambusto, nel fango, tra i rumori dell'orchestra, le urla delle macellaie e i bambini che corrono. I nuovi inizi, persino quello del Dio bambino, accadono mentre la vita continua nel suo inesauribile affaccendarsi. Il presepe napoletano è lì a indicare semplicemente: se riesci, in mezzo tutta questa vita, trova il miracolo.
*** Roberto SAVIANO, 1979, scrittore, facebook, 20 dicembre 2018, qui
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