Tanti auguri.
Quanti?
Il giusto.
Tanti auguri a chi sa essere sé stesso tutto l’anno,
meno per chi è pervaso dal sacro furore degli auguri natalizi compulsivi,
niente per chi stronzo lo è anche a pasqua e ferragosto.
Tanti auguri a chi non ritiene “buonista” una parolaccia,
meno per chi con questa parola ritiene di offenderti ,
niente a chi è il contrario di buonista, ovvero feccia.
Tanti auguri a chi sa ascoltarti,
meno per chi parla sempre lui,
niente a chi deve anche convincerti.
Tanti auguri a chi si sente orfano di rappresentanza politica,
meno per chi ha sempre una certezza in tasca,
niente a chi brandisce con violenza la sua certezza.
Tanti auguri a chi pensa al futuro di questo paese,
ancora di più a chi prova a cambiarli, futuro e paese,
augurissimi agli ottimisti, sperando che abbiano ragione loro.
Tanti auguri agli amici di sempre,
a quelli recenti,
a quelli con cui c’è empatia anche se ci si è visti una volta, o mai,
ai nuovi rapporti in era di social,
perché una volta o ci si conosceva dal vivo, oppure niente,
alle affinità elettive virtuali,
senza dimenticare il piacere di un sorriso dal vivo,
di un bicchiere di vino vero.
Tanti auguri a chi ti fa sentire meno solo,
agli amori con la A maiuscola,
ai ricordi che non vogliono finire nel cestino,
alle telefonate inaspettate.
Niente auguri ai messaggi circolari,
alle catene di Sant’Antonio,
alle immagini di alberi di natale mandati a tutti.
Date retta a me: personalizzate un pensiero, se volete,
decidete il destinatario, scegliete le parole,
altrimenti è meglio niente auguri.
Tanti auguri.
Si, ma quanti?
Il giusto, quanto basta.
*** Marco POMAR, scrittore, facebook, 22 dicembre 2018, qui
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