Ha costretto il figlio tredicenne a stare per ore fermo sul ciglio di una strada trafficata con un grosso cartello con su scritto “sono un bullo, se odi i bulli suona il clacson”. È successo in Florida. Tempo fa un altro genitore americano punì il figlio bullo facendolo andare a scuola di corsa sotto la pioggia. I giornali italiani scrivono “per punire il figlio bullo lo fa bullizzare”. A prescindere dalla scarsa precisione terminologica del titolista, queste sono modalità educative brutali e assurde. I ragazzi devono essere puniti quando sbagliano, ma non è questo il modo.
Sembrano punizioni esemplari, ma bullizzare il bullo non fa che rafforzare nel minore l’idea che l’unica legge valida sia quella del più forte, oltre ad aumentarne la frustrazione e la rabbia repressa.
Ci sarà una via di mezzo tra coccolare delle super-star super viziate e mai responsabili e umiliare i bulli usando le loro stesse armi.
La verità è che se devi insegnare a tuo figlio a non essere violento, tu per primo devi essere non violento. Non è facile. La strada più breve sembra quella del contrappasso. Ma la sfida educativa consiste esattamente nel trovare i giusti modi e le parole per in-segnare (segnate dentro) con l’esempio.
Altrimenti, è come spiegare loro che le sigarette fanno male mentre gli fumiamo allegramente sul viso.
*** Guido SARACENI, docente di filosofia del diritto e informatica giuridica presso l'università di Teramo, facebook, 3 maggio 2018, qui
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