apri la porta ed entra nella ferita.
Puoi sdraiarti sul divano a riposare,
o passare in cucina se hai fame.
Se vuoi, esco a passeggiare per non disturbarti,
se vuoi preparo il pranzo, accendo la musica, sposto le tendine.
Non dimenticare: è una ferita profonda, si rimargina lentamente.
Se la leccherai, abbaierà come un cane o miagolerà come una gatta.
Possiamo anche giocare al dottore
a una condizione: non immedesimarti troppo nel personaggio,
non farmi sentire che è una ferita vera e propria,
ricorda che ogni ferita è una porta aperta o chiusa.
E la chiave è nelle tue mani.
*** Nené GIORGADZE, 1971, poetessa e narratrice georgiana, La ferita, traduzione di Paolo Galvagni, 'Poesia', n. 335, marzo 2018.
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