Al contrario di Freud e Adler, il cui principio interpretativo è sostanzialmente riduttivo e quindi sempre rivolto al condizionamento infantile dell’uomo, io attribuisco un peso alquanto maggiore all’interpretazione costruttiva e sintetica, considerando il fatto che il domani è praticamente più importante dello ieri, e il “da dove” è meno essenziale del “verso dove”. Pur con tutto il rispetto per la storia, mi sembra più importante per la vita il significato che le si deve dare, e sono convinto che nessuna comprensione del passato e nessuna reviviscenza, per quanto intensa, di reminiscenze patogene possa liberare l’uomo dal potere del passato quanto la costruzione del nuovo. Mi rendo ben conto che senza una chiara visione del passato e senza integrazione d’importanti ricordi che sono andati perduti non si può creare qualcosa di nuovo e di vitale. Ma ritengo che lo scavare nel passato alla ricerca di presunte cause patogene specifiche sia una perdita di tempo e un pregiudizio ingannevole; perché le nevrosi, qualunque sia stata l’occasione che le ha originate per la prima volta, sono determinate e sostenute da un atteggiamento errato sempre presente che, una volta riconosciuto, deve venire corretto oggi e non nell’infanzia. Né la semplice presa di coscienza delle cause è sufficiente, in quanto la guarigione della nevrosi in ultima analisi è un problema morale e non l’effetto magico della riemergenza di ricordi.
Inoltre la mia concezione si differenzia da quelle di Freud e Adler nel fatto che io valuto l’inconscio in modo sostanzialmente diverso da loro. Freud, che attribuisce all’inconscio un ruolo infinitamente più importante che non Adler (la cui scuola lo fa passare completamente in secondo piano), ha un temperamento più religioso di Adler, per cui naturalmente concede al non-Io psichico una funzione autonoma anche se negativa. Rispetto a Freud, io compio ancora qualche ulteriore passo innanzi. Per me l’inconscio non è solo il receptaculum di tutti i fantasmi sordidi e di altri odiosi residui di epoche defunte, come per esempio quel sedimento di “opinione pubblica” storica che costituisce il “Super-io” di Freud, ma è propriamente lo strato germinale sempre vivo e creativo che si serve sì di vecchie immagini simboliche, ma esprime in esse e attraverso di esse un nuovo spirito. Di regola però un nuovo spirito non esce bell’е fatto dalla sfera dell’inconscio, come Pallade armata dalla testa di Zeus; un effetto sostanziale si ha solo quando il prodotto dell’inconscio viene posto in un rapporto serio con la coscienza.
Per interpretare in una certa misura i “prodotti” dell’inconscio, mi si è quindi imposta anche la necessità di una lettura totalmente diversa dei sogni e delle fantasie che io – quando ciò mi è sembrato corrispondere alla natura del caso – non ho più ridotto, come Freud, a elementi personali, ma ho posto in analogia con i simboli della mitologia, della storia comparata delle religioni e con altro ancora, per riconoscere il significato sotto il quale essi si apprestavano ad agire.
*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Prefazione a W.M. Kranefeldt, 'La psicoanalisi', 1930, in Opere, 3, Psicogenesi delle malattie mentali, Bollati Boringhieri, edizione digitale, 2015
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