sopra ogni bus, quando si sale,
perché il silenzio,certo, da almeno due millenni
è il modo più semplice per dio, o chi per lui,
di esasperare il vuoto
allora non parlate al conducente:
fissate il pavimento, gli alberi, le case,
i sedili, o guardate negli occhi la più bella ragazza
se proprio non riuscite a guardare lì
sotto la gonna -
perché negli occhi c'è più vita,
c'è così tanta vita che ci si può smarrire -
così anche se è forte la tentazione
non parlate al conducente:
cercate di occupare il tempo
in qualche modo, magari contando le auto
che passano, i cartelli stradali, i semafori,
perfino gli UFO subito dietro l'orizzonte,
ma non parlate al conducente: piuttosto
osservate quante volte il cane agita la coda,
quante volte starnutisce il cuore di un uomo abbandonato,
quante strisce pedonali
occorrono a riempire l'universo,
ma non parlate al conducente,
per nessun motivo
(in caso di emergenza rompere il vetro)
se rispondesse, potrebbe essere pericoloso,
molto pericoloso,
sapere da che parte si sta andando
*** Dario BERTINI, 1988, poeta, Non parlate al conducente, ‘Il foglio clandestino’, n. 76/77, a cura di Gilberto Gavioli, ‘aperiodico ad apparizione aleatoria’ e in ‘sagarana’, n. 57, ottobre 2014, qui
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