martedì 14 giugno 2016

#SENZA_TAGLI / Usa, strage di Orlando (Alessandro Gilioli)

Sulla strage di Orlando oggi tutte le analisi parlano del combinato disposto tra integralismo religioso, omofobia e libera circolazione delle armi.
Tutto giusto.

Aggiungerei tuttavia l'ipotesi che la ripetitività delle stragi di massa negli Stati Uniti - tutte opere di singoli usciti di testa - abbia qualcosa a che fare anche con la cultura iper individualista che è anche la ricchezza di quel Paese (ogni medaglia ha due facce), con l'atomizzazione come valore, con la negazione della rilevanza della coesione sociale, se non della società stessa.

Qui in Europa (specie del sud) stragi simili sono molto più rare, per fortuna. E forse questa minor frequenza di mattanze folli provocati da singoli impazziti ha qualcosa a che fare, per contro, con la cultura sociale europea, che ci rende di sicuro meno competitivi economicamente, ma forse ci fa complessivamente vivere un po' meglio, forse ci dà una qualità di vita a conti fatti migliore e più equilibrata, come racconta bene Moore nel suo ultimo film.

Comunque questa cultura sociale costituisce l'unica, vera grande identità comune europea, l'unica radice su cui si può costruire l'Europa unita - non lo scimmiottamento di un pur grande Paese come gli Stati Uniti, che ha di sicuro molte cose da insegnarci in tanti campi, ma che rappresenta un modello nei rapporti tra individuo e società su cui prima di adeguarci senza valorizzare ciò in cui siamo meglio noi, beh, forse dobbiamo riflettere un po'.
Anche perché dagli stessi Stati Uniti ultimamente stanno arrivando segnali - penso a Sanders, primo candidato socialista di successo, specie tra i giovani - che anche lì c'è una parte di popolazione che ritiene sia tempo di rivedere un po' il dogma iper individualista (le cui radici affondano nel modo stesso in cui quel Paese nacque, trecento anni fa; insomma è a sua volta un cascame del passato, non una scoperta contemporanea e innovativa).

*** Alessandro GILIOLI, giornalista, la Strage di Orlando, 'facebook', 13 giugno 2016


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