A una settimana dai ballottaggi, in televisione vanno in scena i “faccia a faccia” (come non se ne vedevano da tempo) tra i candidati nelle principali città: Fassino contro Appendino, Raggi contro Giachetti, Sala contro Parisi.
Sfide televisive che però, almeno a mio avviso, non hanno detto granché, nonostante l'opportunità di prendervi o meno parte sia stato il tormento di tutti gli staff elettorali.
Nel tempo del botta e risposta, da entrambe le parti in causa, pochi, pochissimi contenuti e tanta, tantissima tattica. Più che puntare sulle proprie proposte, ogni candidato ha giocato a mettere in luce i punti deboli dell'avversario.
Un gioco al contrario molto consueto nella politica degli ultimi tempi: non vinco grazie ai miei meriti ma grazie ai tuoi errori.
Non penso quindi che i cosiddetti “indecisi”, da questi confronti televisivi, abbiano potuto trarre indicazioni importanti.
Gli indecisi appunto. Ai ballottaggi, per i contendenti che restano in campo, diventano particolarmente importanti: a quelli che si sono astenuti sin dal primo turno si aggiungono quelli che al primo turno hanno votato forze rimaste fuori dalla corsa finale.
Il che significa un bacino elettorale potenzialmente immenso, in grado di ribaltare completamente pronostici e percentuali di partenza.
Ma chi è che non vota? E perché non lo fa? Cosa c'è dietro alla sigla “astenuti”?
Pur essendo in tempi di calo vertiginoso di affluenza alle urne un argomento sempre all'ordine del giorno, non è affatto facile rispondere. Il “partito” dell'astensione è assolutamente eterogeneo, trasversale, inclassificabile.
Il non voto può essere certamente – e sicuramente in moltissimi casi lo è – figlio di disinteresse, superficialità, menefreghismo.
Ma altrettanto certamente può essere disaffezione e, soprattutto, una scelta meditata, sofferta e ponderata dettata dall'impossibilità di riconoscersi nei partiti e negli schieramenti esistenti.
E io, benché convinto da sempre dell'importanza dell'esercizio del proprio diritto di voto, credo che, in questi ultimi casi citati, quella del non voto sia ugualmente una scelta, con delle motivazioni serie e fondate. E, come tale, da rispettare.
Eppure, durante questa ultima campagna elettorale, non solo i candidati ma anche i semplici militanti ed elettori, hanno battuto molto sullo “sbaglio” che fanno quelli che si astengono. Uno sbaglio in sé, a prescindere: sempre e comunque meglio – dal loro punto di vista – scegliere qualcuno, sempre meglio, se proprio non ci si riconosce in nessuno, individuare il meno peggio e votarlo.
Se magari però al primo turno, con più forze in campo, fare una scelta anche non troppo convinta può essere cosa relativamente semplice, al ballottaggio, con due soli candidati rimasti in pista, la questione si fa assai più complessa.
Il dramma (poiché di dramma si tratta) della “non appartenenza”, del non riconoscersi in nessuno, penso diventi ancora più comprensibile. E ancora più da rispettare.
In questo senso mi piacerebbe sapere (lasciando stare gli ovvi riposizionamenti dei partiti) cosa faranno molti militanti e molti elettori che al primo turno hanno votato schieramenti e candidati usciti di scena.
Ad esempio gli elettori PD a Napoli, quei militanti che sostenevano la sacralità del diritto di voto e la fesseria del non votare, andranno a votare al ballottaggio? E gli elettori di Fratelli d'Italia a Roma, cosa faranno? E gli elettori 5 Stelle a Milano, che forse più di tutti, in ogni comune in cui erano presenti, hanno sostenuto l'importanza di andare alle urne e il delitto dell'astensione, cosa faranno? Voteranno uno tra Sala e Parisi oppure anche loro compiranno il delitto dell'astensione?
Un'ultima domanda. Magari c'è chi vuol fare lo sgambetto al centrodestra e allora va a votare centrosinistra. Poi c'è quello che vuole fare lo sgambetto ai Cinque Stelle e allora va a votare centrodestra. E soprattutto c'è quello che vuole fare lo sgambetto al PD allora vota Cinque Stelle, o chiunque si opponga al PD.
In questo caso: è giusto parlare di sacralità del diritto di voto e ricordare tutte le persone morte per conquistare questo diritto per spingere la gente alle urne?
Tradotto: si rispetta più il diritto di voto e il sangue versato per ottenerlo non andando a votare oppure esercitando tale diritto per fare sgambetti e votare senza alcuna convinzione?
*** Riccardo LESTINI, scrittore, regista, insegnante, Il non-voto al tempo dei ballottaggi, 'facebook', 13 giugno 2016, qui
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