Nel 2011 il World Values Survey, un progetto di ricerca che analizza i valori delle persone su scala mondiale, ha rilevato un dato significativo. Il 34% degli statunitensi era favorevole a "un leader forte che non debba preoccuparsi del congresso o delle elezioni". Tra gli intervistati che avevano al massimo un diploma di scuola superiore la percentuale saliva al 42%. Vale la pena di ripetere questo dato per metabolizzarlo: 1 elettore statunitense su 3 preferisce la dittatura alla democrazia. Questi americani non ripudiano semplicemente questo o quel governo, rifiutano l'idea stessa di democrazia.
Le cifre confermano una tendenza già evidenziata in alcuni recenti studi accademici. Negli Stati Uniti una parte dell'opinione pubblica è su posizioni contrarie alla democrazia liberale. Di solito si tratta di un sentimento latente. Comprensibilmente, gli elettori sono riluttanti ad ammettere di sostenere simili posizioni. Quando vengono intervistati, intuitivamente sanno che confessare le proprie inclinazioni autoritarie è sbagliato. Il politologo Stanley Feldman ha trovato un escamotage per superare questa reticenza. Feldman pone agli intervistati quattro domande che non riguardano la politica, almeno apparentemente, ma l'educazione dei figli. Cosa è più importante per un bambino, l'indipendenza o il rispetto per gli anziani? L'ubbidienza o l'autonomia? Essere premurosi o beneducati? La curiosità o le buone maniere? Dalle risposte a queste quattro domande si capisce come gli intervistati valutano il conformismo e l'ordine rispetto ad altri valori.
Lo studio ha concluso che il 44% degli statunitensi bianchi è su posizioni "autoritarie", e il 19% addirittura su posizioni "molto autoritarie". Il fenomeno non è nuovo ed emerge dai sondaggi fin dagli anni novanta, quando Feldman cominciò a sottoporre il suo questionario al campione. In gran parte, spiegano gli esperti, i sentimenti "autoritari" restano latenti e si "attivano" solo quando gli elettori sono sotto stress, in particolare quando l'ordine o la gerarchia sociale in cui credono sono minacciati dal cambiamento. Questo cambiamento può presentarsi sotto forma di una maggiore diversità etnica oppure attraverso il matrimonio tra persone dello stesso sesso o la stagnazione dei salari: in pratica qualsiasi cosa metta in discussione lo status quo che in passato assi¬curava a questa parte dell'elettorato un posto ben definito nella società. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che quando a questa minaccia si aggiunge la percezione di un rischio esterno o fisico - come la minaccia terroristica del gruppo Stato islamico - ad attivarsi non sono solo i sentimenti delle persone con tendenze autoritarie; anche chi normalmente darebbe risposte più progressiste alle quattro domande sull'educazione dei figli, tende ad avvicinarsi, per paura, a posizioni autoritarie.
*** Jonathan FREEDLAND, giornalista britannico, Nell'era di Trump, da 'The Guardian', 'Internazionale', 1156, 2 giugno 2016, traduzione di Fabrizio Saulini
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