Si parla sempre tanto di cambiamento, invocandolo come toccasana per rimettere in piedi persone, situazioni, organizzazioni, società, stati.
Per il problem solver è proprio il processo di soluzione che implica il cambiamento, poiché se non si cambia, si tiene in vita il problema e non si arriva alla soluzione.
Tuttavia la soluzione è valida se a monte è definito correttamente il problema, se si è individuata la vera criticità su cui intervenire, se si sperimenta la soluzione su scala ridotta e la si mette a sistema solo se ha funzionato, modificandola se non funziona. Per esempio, se c’è malcontento in un reparto a causa di un dirigente inadeguato, il problema è il dirigente. Se come soluzione si fanno fare corsi di team building ai dipendenti, non si risolve il problema.
Il cambiamento è auspicabile se rappresenta un miglioramento rispetto a ciò che si vuole cambiare. Non ha un valore assoluto, ma relativo. Fare, cambiare, essere veloci, evitare ripensamenti e discussioni, può essere valido se si deve uscire da un’emergenza. Se invece si devono prendere decisioni strategiche a medio e lungo termine è meglio procedere con più cautela, adottando soluzioni progressive, verificabili e modificabili.
*** Umberto SANTUCCI, consulente e formatore, Cambiare con etica, 'caosmanagement', n. 106, maggio 2016
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