venerdì 3 giugno 2016

#LIBRI PIACIUTI / Scrivere è un mestiere pericoloso, di Alice Basso (recensione di M. Ferrario)

Alice Basso, "Scrivere è un mestiere pericoloso", Garzanti, 2016
pagine 341, € 16,40, ebook € 9,99

Trama avvincente e scrittura originale
Si rischia di ripetersi. Ma, a volte, è bello ripetersi. Come in questo caso, per il secondo libro di Alice Basso. 
A distanza di un anno, l'autrice, dopo il successo del suo romanzo di esordio (L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome), ritorna con Scrivere è un mestiere pericoloso. E i commenti decisamente ammirati cui mi ero lasciato andare per il primo libro (*) si riconfermano, se mai con qualche nota di entusiasmo in più 

Torna lei, Vani Sarca, la ghostwriter dal talento empatico eccezionale, che scrive libri firmati da altri grazie alla sua abilità funambolica di scrittura unita alla sua incredibile abilità di cogliere l'anima dei finti autori, regalando loro contenuti e stili che sembrano loro più di quanto essi stessi sarebbero capaci di esprimere. In questa seconda avventura, lei, la protagonista, premiata per gli ottimi risultati ottenuti nel precedente caso poliziesco in cui si era trovata coinvolta accidentalmente, è ormai assoldata come consulente di polizia: e la nuova vicenda non è meno complessa e intrigante. 
Torna il commissario Berganza, l'ennesimo investigatore che nei romanzi gialli di pregio ama la cucina di qualità, ma che qui lascia il segno per la simpatia rude, il carattere solitario, introverso e un po' burbero, l'acume con cui dipana le matasse intricate dei casi e, soprattutto, la relazione sempre più complice, e che ormai sembrerebbe occhieggiare al sentimentale, con Vani Sarca. 
E torna l'intellettuale famoso, autore solo di facciata di un libro di successo: con lui la ghostwriter aveva lavorato nella storia precedente, subendone il fascino e intrecciando un rocambolesco rapporto affettivo conclusosi in modo brutale.

Ma, a parte questi ritorni, tutto il resto è ovviamente nuovo. 
Stavolta Vani Sarca ha il compito di scrivere un libro di cucina: e per farlo deve recuperare ricette e aneddoti depositati nella memoria di una vecchia cuoca, da sempre al servizio di una celebre famiglia imprenditoriale torinese conosciuta nel mondo internazionale dell'alta moda. Senonché, la donna, inaspettatamente e a distanza di qualche anno dal fattaccio, confessa un delitto per il quale è in carcere, condannato con sentenza passata in giudicato, uno degli uomini della grande casa di stilisti. E la trama si ingarbuglia, disseminandosi in tanti pezzi di un mosaico da ricomporre. Ma il racconto non perde mai in chiarezza: e l'attenzione, catturata con la prima pagina, si mantiene tesa e alta sino all'ultima, quando la tessera finale risolve il puzzle.

Colpisce anche stavolta l'originalità della scrittura, tutta giocata sul registro di un linguaggio fresco e ironico, quasi sempre frenetico, che mescola 'alto' e 'basso', forbitezza e colloquialità, prosa e - talvolta - attimi di quasi poesia. Davvero notevole il governo della forma espressiva: senza nulla togliere al valore della trama, che costringe ad una crescente attesa, assillante e proprio per questo piacevole, lo stile impiegato non dà fiato e concorre in modo determinante a rendere il libro fluido, spigliato, trascinante. In sostanza, quanto mai gradevole. 
E imperdibile, direi: se si ama il divertimento intelligente.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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(*) In Mixtura, qui

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Mi fa un sorriso ancora più abbagliante dei precedenti. I ricchi devono lavarsi i denti con la polvere di stelle. (Alice Basso, "Scrivere è un mestiere pericoloso", Garzanti, 2016)

Cerco di fare mente locale sull’ultima volta in cui mi sono sentita obbligata moralmente a fare qualcosa. Mi sa che avevo diciassette anni e avevo scritto un compito di storia per Lara, che era una capra in quella come in tutte le altre materie, ma aveva una professoressa più perfida del necessario e non meritava la bocciatura. Poi ho smesso, perché, per come la vedo io, l’obbligo morale spesso sfora nel volontariato, e lo sbattersi senza ricompense a sua volta spesso sfora nella rottura di coglioni. (Alice Basso, "Scrivere è un mestiere pericoloso", Garzanti, 2016)

Odio il potere che hanno gli eventi di plasmare le persone. Dovremmo riuscire tutti a farci scivolare le cose addosso. A decidere la nostra personale politica di felicità e a non lasciare che nulla la turbi. Sono solo eventi, dopotutto. Un marito che muore. Una persona che credevi amica e poi scopri che potrebbe averti fatto una cosa orribile. Un fidanzato che pensavi ti amasse e viene fuori che ti stava usando e basta. Che sarà mai. Tutta roba che ti succede attorno, mica dentro. Almeno, così dovrebbe essere, in un mondo ideale. (Alice Basso, "Scrivere è un mestiere pericoloso", Garzanti, 2016)

Morgana fa per rispondermi, ma intanto è arrivata Laura, che la saluta toccandola sulla spalla. «Ma non dovevi essere interrogata in mate?» le chiede, lanciando un’occhiata al libro. Morgana mi scocca un’occhiata che vuol dire “appunto”. Io ricambio. «Dai, andrà bene», dice Laura. «Non dirle così», dico io. «Non dirmi così», dice Morgana in contemporanea. Poi mi guarda. Uff. «È sminuente», spiego di nuovo con pazienza, stavolta a Laura, «quando la gente ti dice che sa già che andrà bene, o, dopo che è andata bene, che sapeva già che sarebbe stato così. Anche se sei una che va sempre benissimo, come Morgana – anzi, soprattutto se sei una che va sempre benissimo, come Morgana. È come se ti dessero dell’idiota perché sei l’unica che ha dubbi. In più, così facendo deprezzano il tuo sforzo e ti danno l’impressione che, se fallirai, ne rimarranno scandalizzati. Quindi se farai bene avrai solo mantenuto le annoiate aspettative altrui, mentre se farai male lascerai tutti scioccati, come se a te non fosse concesso, qualche volta, di poter sbagliare.» Morgana annuisce. Il suo sguardo significa “non avrei saputo dirlo meglio”. Te l’ho già spiegato, mio piccolo clone. Lo so come funziona per te. Non foss’altro perché è così che ha sempre funzionato anche per me. Laura sbatte le palpebre, colpita. Poi si gira verso Morgana. «Scusami. Non volevo iperresponsabilizzarti. In realtà, non è affatto detto che la tua interrogazione andrà bene.» «Grazie», gioisce Morgana. (Alice Basso, "Scrivere è un mestiere pericoloso", Garzanti, 2016)
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