Quando mio figlio compì un anno, alcuni amici gli regalarono un libro illustrato di Snoopy intitolato Puoi essere qualsiasi cosa. Nelle pagine di questo divertente libro, Snoopy è impegnato in una serie di professioni notevoli: sportivo di successo, chirurgo, pilota di aerei e così via. Snoopy indossa di volta in volta i vestiti del lavoro in questione, è ritratto come «avvocato di fama mondiale», un «letterato di fama mondiale», e addirittura come un «impiegato di supermercato di fama mondiale»: Snoopy è superlativo in tutte le cose che fa. Il libro era grande e aveva colori brillanti; probabilmente era pensato per bambini più grandi, dal momento che le pagine erano fatte con carta tradizionale e non erano spesse e resistenti come nei libri cartonati. Quando mio figlio tentò di girare le sottili pagine di carta del libro con le sue manine cicciotelle, finì inevitabilmente col strapparle: si divertiva e così continuò. Lo lasciai fare e anzi qualche volta lo aiutai.
Potreste pensare che la mia permissività fosse dettata da un carattere rilassato, o dalla volontà di lasciare libera la curiosità di mio figlio (e far sì che scoprisse che le pagine si strappano quando le tiri) per qualche tipo di nobile ideale. Ma non è così.
Il vero motivo per cui non mi dispiaceva che mio figlio strappasse le pagine del libro è che, come psicologa e genitore, ero profondamente contraria al suo messaggio, riassunto nella prima pagina: «Proprio come Snoopy, l’unico limite a ciò che puoi raggiungere è la tua immaginazione: puoi essere qualsiasi cosa». Per i genitori questo messaggio – cioè che i nostri figli possano fare qualsiasi cosa a cui decidono di dedicarsi – è molto affascinante. A quale genitore non piacerebbe credere che l’unico limite ai successi dei propri figli sia la loro immaginazione? Chi non vorrebbe incoraggiarli a perseguire le loro ambizioni e diventare un chirurgo o fondare un’azienda tecnologica? Cosa può esserci di sbagliato nel dire ai nostri figli che possono diventare qualsiasi cosa vogliano? Molte cose, in realtà. (...)
*** Erica REISCHER, psicologa statunitense, Forse non dovremmo dire ai bambini “potrai diventare quello che vuoi”, 'Il Post', 11 marzo 2016
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