mercoledì 11 marzo 2015

#RITAGLI / Marchionne: il compenso di un lavoratore medio in 2mila anni (S. Catani)

Il compenso totale di Sergio Marchionne per l’anno 2014 ha avuto eco sui giornali di tutto il mondo ed è destinato ad essere registrato nei Guiness del guadagno.

Fca ha infatti comunicato nei giorni scorsi alla Sec, l’Autorità della Borsa americana, i compensi al manager per l’anno 2014. Un totale di 66 milioni di euro, se sarà approvata dall’assemblea dei soci l’assegnazione di 1.620.000 azioni. Un pagamento che rafforzerà la proprietà del manager già oggi superiore all’1% di Fca e stimabile in 240 milioni di euro. (...)

Sul piano economico sarebbe interessante capire quali criteri tecnici abbiano utilizzato i consiglieri di amministrazione indipendenti per attribuire questo ammontare. Il Wall Street Journal ricorda che l’anno scorso l’utile netto Fiat-Chrysler è sceso del 68% per effetto dei costi straordinari per l’acquisizione di Chrysler, mentre la crescita della capitalizzazione del Gruppo Fca è stato del 61%. Appare curioso che il Cda motivi il superbonus richiamando il contributo portato dal manager agli interessi dei lavoratori. Non credo che Maurizio Landini avallerebbe la loro tesi. Ma forse sbaglio.

Dal punto di vista della Governance un simile modo di procedere non sembra una buona pratica. Gli atti di discrezionalità appartengono alle imprese famigliari non alle moderne corporation. Un manager può guadagnare anche di più ma le regole dovrebbero essere fissate in anticipo. Appartiene al buon senso comune che un atleta si batte contro un obiettivo, non lo si valuta a posteriori in funzione del risultato. Infine, il piano morale che non è una categoria staccata dall’economia da trattare separatamente. In un momento in cui il mondo sperimenta un tasso di drammatica disuguaglianza non avevamo bisogno della storia di un manager che guadagna quanto guadagna un lavoratore medio in 2000 anni (forse).

La maggior parte dei milanesi pensa a Melchiorre Gioia come a un vialone non particolarmente bello nella zona nord-est della città. In realtà, Gioia fu un grande pensatore e scrisse Del Merito e delle Ricompense. Per lui il merito (e quindi la ricompensa) era da verificare alla luce di 4 criteri: la Difficoltà vinta, l’Utilità prodotta, il Fine disinteressato, la Convenienza sociale. Se applicassimo questi criteri ottocenteschi quante ricompense potremmo attribuire ai nostri manager?
*** Sandro CATANI, consulente, esperto di remunerazione degli executive e governance delle imprese, e saggista, da Fiat Chrysler e il compenso di Marchionne. Quali criteri hanno utilizzato?, estratto, blog 'Il FattoQuotidiano, 8 marzo 2015

4 commenti:

  1. Sarebbe grasso che cola se fossero rispettati almeno 3 dei 4 criteri di Melchiorre Gioia; il Fine Disinteressato é assai nobile, ma francamente utopistico.

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  2. Sì, Paolo, condivido. Non so al tempo di Melchiorre Gioia (1767-1829), ma conosco il nostro tempo. E il suo spirito: lontano anni luce dal porre il disinteresse personale come fine delle nostre azioni.
    E comunque anche il valore del merito mi sembra buono per scriverci le slide della solita prossima convention.
    Se poi pensiamo che pure negli Usa da tempo si parla di 'meritocrazia ereditaria'...

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  3. Già, la famosa meritocrazia, di cui nei talk-show e nelle convention ci si profonde, in realtà è antitetica al concetto insito in quel "pessimo sistema di governo, di cui però non se ne è trovato uno di migliore" che è la democrazia. Sappiamo bene che il problema è "chi merita di decidere chi merita...", e credo che questo dilemma ce lo porteremo fino alla fine dei tempi, e non ci salverà neppure il Supercomputer quantistico-neurale, in quanto dovrà esserci sempre qualcuno che "meriterà" di costruirlo e programmarlo. Confesso che su questo tema, ogni volta ho la sensazione di pestar l' acqua nel mortaio.

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  4. Ti capisco, Paolo.
    Pure io, quando mi trovo a ragionare su 'meritocrazia & dintorni' (per non palare del grande tema della 'democrazia'...), avendo la consapevolezza che la Verità non esiste, ho la sensazione di pestare l'acqua nel mortaio.
    Confesso tuttavia che ancora più spesso, a guardare bene in giro, almeno qui in Italia, nel mortaio c'è dell'altro.
    E non è una sensazione.
    E non è piacevole.

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