Huang Dong era l'uomo più ricco della città: abitava con tutta la famiglia in un palazzo a tre piani di oltre cinquanta stanze ai margini del Grande Lago.
Quel giorno era l'essere più felice del mondo: nella notte la moglie del suo unico figlio aveva dato alla luce un maschietto bellissimo che avrebbe proseguito la dinastia.
Chiamò il servo e gli ordinò di andare al Piccolo Convento, dalla parte opposta della città, per chiedere al maestro Whu Zhi di venire subito a palazzo.
Il servo, timidamente, domandò se doveva riferire la ragione dell'invito. Huang Dong, stizzito, disse che non ce n'era bisogno e che il maestro avrebbe solo dovuto affrettarsi a raggiungerlo.
«Lo aspetto in mattinata. E, come tutti sanno, ciò che voglio non può essermi rifiutato: comunicagli che farò una ricca offerta al convento».
Il servo arrivò al monastero tutto trafelato per la corsa e preoccupato che il maestro potesse frapporre ostacoli al volere del padrone.
In realtà Whu Zhi era nella sua ora di meditazione e non poteva essere disturbato. Li Min, il suo discepolo prediletto, assicurò il servo che avrebbe riferito, ma lui rispose che avrebbe atteso tutto il tempo necessario: conosceva le reazioni se non avesse fatto tutto il possibile per eseguire l'ordine del padrone nei termini esatti richiesti.
Quando, dopo la meditazione, Whu Zhi venne informato della richiesta, la risposta del maestro fu gentile ma ferma: se Huang Dong aveva bisogno, avrebbe potuto venire lui al Piccolo Convento l'indomani nel pomeriggio e sarebbe stato accolto con cuore caldo e mente aperta.
Il servo era combattuto tra obbedienza al padrone e rispetto verso il maestro. Chinando il capo e congiungendo le mani in preghiera, tentò di insistere:
«Mio maestro, il padrone è stato deciso e chiaro: domanda che siate voi ad andare da lui. E subito. Assicura che farà una lauta offerta al tempio per il vostro disturbo».
Whu Zhi sorrise, compiacente e affettuoso:
«Anch'io sarò deciso e chiaro, caro ragazzo. Apprezzo la tua fedeltà al padrone e lo sforzo che stai facendo per convincermi, assecondando il suo volere. Huang Dong, come ogni ricco, è abituato a comprare tutto, ma non tutto è sul mercato. Se decidessi io di andare da lui, potrei approfittare per far fare una passeggiata benefica al mio corpo, ormai vecchio e sempre più infiacchito. Sarebbe un'ottima idea: non un disturbo, ma un'occasione di salute per il mio fisico. Ma con la decisione presa al posto mio, il tuo padrone mette in gioco la mia libertà. E la libertà, quando è davvero tale, non c'è prezzo che la paghi. Del resto è lui che dice di aver bisogno di me. Io domani, come sempre, sarò qui: e mi terrò del tempo per lui. Lui forse capirà e apprezzerà: il tempo è ciò di più prezioso che abbiamo. Anche perché, a ben riflettere, è il tempo che ha noi e non noi che abbiamo lui.»
Il servo tornò mogio al palazzo, pronto a sentire le rimostranze rabbiose di Huang Dong: sapeva di aver fatto il possibile, ma aveva anche avuto l'ennesima conferma della saggezza di Whu Zhi, che stimava da quando aveva cominciato ad assistere alle sue lezioni pubbliche nella piazza del Piccolo Monastero.
Il padrone era infuriato, ma si rese conto che non poteva prendersela con il servo. Si ritirò nelle sue stanze, impedendo a chiunque di avvicinarlo: alla felicità per la nascita del nipotino si sostituì fino a sera una collera impotente che poteva essere smaltita solo standosene isolato da tutti.
Il pomeriggio seguente Huang Dong si presentò al convento.
Il maestro lo accolse col sorriso: il suo viso era sereno e benevolente, come se lo scambio del giorno prima con il servo non ci fosse stato.
E anche Huang Dong, sia pure mostrando con un volto scuro e dai tratti rigidi, decise di ignorare il rifiuto del maestro di andare a palazzo: era troppo importante ciò che voleva ora da lui.
Il maestro disse le prime parole.
«Ti ascolto, Huang Dong. Sono contento di vederti, anche perché non mi capita mai di scambiare con te i miei pensieri sulle questioni della vita che sono oggetto delle mie lezioni pubbliche. Ti so sempre indaffarato a seguire gli affari. E, com'è evidente, il successo economico che ti sei conquistato non può che essere il risultato di una sapienza commerciale non comune. Oltre, naturalmente, che di una sorte che finora ti ha benedetto con sguardo benigno. Sono a tua disposizione: qual è il problema per cui mi hai voluto incontrare?»
Huang Dong distese la faccia: era il clima che desiderava.
«Maestro, forse non sai che l'altra notte mi è nato il primo nipote maschio. E' di una bellezza che toglie il fiato. Siamo tutti felici: sarà lui l'erede delle mie attività. Inseme a mio figlio gli insegnerò tutto il mio sapere e diventerà, ancora più di mio figlio che è già bravo quasi quanto me, il commerciante più ricco del mondo conosciuto. Preparerò per i prossimi giorni una grande festa in città: farò addobbare le vie e le piazze, inviterò ogni tipo di bancarelle, chiamerò i migliori giocolieri della regione e la notte sarà illuminata a giorno con i fuochi di artificio più costosi e affascinanti. Ci sarà divertimento per tutti. E tutti ricorderanno per sempre questa festa.»
Whu Zhi gli espresse le sue felicitazioni. Era sincero: una nuova vita è sempre una gioia di cui rendere grazie alla vita.
Huang Dong abbozzò un accenno di sorriso.
Ringraziò e proseguì.
«Ecco la ragione per cui ho voluto vederti, Maestro. Voglio che tu, ispirato dalla saggezza che tutti ti riconoscono, scriva qualcosa che auguri un futuro di vera ed eterna prosperità e felicità a tutta la nostra famiglia. Un augurio che ti prego di scrivere ora sul grande foglio che mi sono portato appresso e che farò poi inquadrare in una cornice d'oro da appendere nella sala più grande del palazzo, quella dei ricevimenti, dedicata alle feste con le persone più importanti.»
Il maestro rimase in silenzio: guardava imperturbabile il ricco commerciante che, tutto preso dalla sua idea, estraeva da una grande borsa una pagina bianca, poi una penna d'oro e quindi un barattolo di inchiostro.
Il commerciante restituì lo sguardo, fissando gli occhi del maestro.
«Ecco, ti prego».
Forse per la prima volta nella vita si era lasciato andare: e al consueto 'voglio', usato anche un attimo prima, aveva sostituito un umile 'ti prego'.
Whu Zhi aveva colto il cambio di verbo.
E decise di soddisfare il desiderio di Huang Dong.
Cercò con gli occhi un punto di appoggio: il tavolone di legno del refettorio era ciò che serviva.
Chiese a Huang Dong di allontanarsi e di non disturbarlo mentre eseguiva il compito.
Chinò il capo verso terra, poi lo alzò verso il soffitto: come a inseguire l'ispirazione.
Fece trascorrere qualche secondo.
Quindi intinse la penna nell'inchiostro e disegnò degli ideogrammi, perfettamente centrati nella pagina: con grafia perfetta ed elegante.
E consegnò il foglio a Huang Dong.
Il ricco commerciante trasalì: il viso gli divenne scarlatto per la rabbia. Dovette trattenere anche la voglia di aggredire fisicamente il maestro. Si sentì preso in giro.
Ma come si permetteva, questo vecchio ritenuto saggio, di fargli un simile affronto?
Ma come si permetteva, questo vecchio ritenuto saggio, di fargli un simile affronto?
«Volevo un tuo augurio benedicente per la mia famiglia, Whu Zhi. Solo questo. Mai mi sarei immaginato una maledizione. Ho capito che non ami la gente ricca come me. Ma bastava ti rifiutassi di esaudire la mia preghiera e avremmo continuato come per il passato a non vederci e a non incrociare il nostro passo. Mi hai deluso, vecchio. Molto deluso... Dov'è finita la saggezza che tutti ti attribuiscono?»
Whu Zhi non si stupì troppo.
«Una maledizione, dici? E' il miglior augurio che si possa fare a una famiglia. Ripetimi cosa ho scritto.»
Huang Dong cercò di calmarsi.
«Se chiami un augurio ciò che hai scritto, per maledire cosa scriverai?»
Il maestro era sereno.
Con pazienza invitò per la seconda volta il commerciante a leggere a voce alta gli ideogrammi.
Huang Dong, trattenendo la rabbia a fatica, sillabò:
«"Che muoia il padre. Che muoia il figlio. Che muoia il nipote. Questo auguro a una famiglia felice"».
Poi aggiunse, concitato: «E questo lo chiami un augurio?»
Poi aggiunse, concitato: «E questo lo chiami un augurio?»
Whu Zhi poggiò una mano sulla spalla di Huang Dong.
«Se trattieni la rabbia, che come vedrai è del tutto infondata, ti spiegherò. E' semplice: bastano due riflessioni veloci a seguito di due domande. Prima domanda: sarebbe o no un grande dolore se prima che tu muoia dovesse morire tuo figlio? Seconda domanda: e se tuo nipote dovesse morire prima di te e di tuo figlio, non sarebbe un dolore doppio per entrambi? Io ho augurato alla tua famiglia, e ai tuoi discendenti che saranno le famiglie di domani, che venga compiuto semplicemente l'ordine naturale. Prima il padre, poi il figlio, poi il nipote. Nessuna maledizione, quindi. Anzi: una benedizione. Cui purtroppo non sempre la vita, che segue i suoi imperscrutabili destini, si attiene. Ammetterai anche tu che non c'è nulla di più dolorosamente tragico per un vecchio che vedere morire i più giovani prima di lui. Se questo ci viene evitato, questa è una condizione base di felicità che ci viene regalata. Certo, poi la felicità è anche altro. Ma senza questa condizione indispensabile ogni felicità vera è impossibile. Anche i tuoi soldi non la comprano»
Come illuminato da una luce nuova Huang Dong si inchinò a Whu Zhi.
«Maestro Whu Zhi, ti chiedo scusa per le cattive parole. E ti ringrazio: per gli ideogrammi e per l'insegnamento che mi hai appena dato. Se vorrai venire a palazzo, sarai sempre benvenuto e già da settimana prossima troverai tuoi ideogrammi nel quadro appeso nella sala più importante».
*** Massimo Ferrario, Il ricco commerciante e gli ideogrammi di Whu Zhi, per Mixtura. - Libera riscrittura di un famoso racconto zen, anche in Nyogen Senzaki e Paul Reps (a cura di), 101 Storie zen (78. La vera prosperità), 1957, Adelphi, 1973
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