Mago Matù da tempo era rinchiuso in una bottiglia, dalla quale poteva solo osservare il suo ristretto angolo di mondo senza poter fare esperienze ed invidiando coloro che potevano muoversi liberamente. Ormai la sua vita era diventata inutile e priva di significato. Era stato il Grande Spirito ad imprigionarlo per punirlo dell’uso indiscriminato che aveva fatto dei poteri magici.
Turbato dalla sua sofferenza, il Grande Spirito volle offrirgli una possibilità: il sole aveva compiuto il suo sesto giro intorno al mondo quando davanti agli occhi del mago apparve un cavallo alato. Era un animale maestoso ed elegante, con una criniera fiammeggiante, si librava nell’aria con un lieve moto delle ali.
«Il Grande Spirito a te mi ha inviato,
per mari e monti ho viaggiato;
la libertà riconquisterai,
ma i poteri per ora non riavrai.
Quattro prove dovrai affrontare,
le tue potenzialità dovrai maturare:
altri giorni servono per evitare altri guai.
Se tutte le prove supererai,
tosto i tuoi poteri riacquisterai».
Matù fissò incredulo il messaggero alato, felice per l’opportunità che gli veniva offerta, ma anche preoccupato per ciò che l’attendeva. Sarebbe stato in grado di superare tutte le prove? Ancora stordito, il mago vide ad un tratto dissolversi la figura del cavallo alato per materializzarsi subito dopo in altri quattro bianchi cavalli, rivolti scalpitando verso quattro direzioni diverse. Le loro voci risuonarono in coro:
«Esperienze nuove tu vivrai
se sulla nostra groppa salirai,
ma attento a ben valutare
perché in pericolo ti potrai trovare.
Questa sola possibilità tu avrai:
ciò che desideri raggiungerai
o per sempre lo perderai».
Magicamente la bottiglia in cui era prigioniero si dissolse e il Mago montò in groppa al primo cavallo che, sfrecciando, si diresse verso sud.
In un battibaleno il Mago si ritrovò nella fossa del fuoco: fiamme altissime sembravano divorare il mondo intero. Istintivamente Matù indietreggiò pensando di fuggire, ma non c’era via di scampo se non attraverso le fiamme. Ricordò le parole del cavallo alato, si fece forza e si lanciò verso le fiamme che lo avvolsero procurandogli sofferenze atroci.
Nonostante tutto, prevalse la fierezza per essere riuscito a dominare se stesso. Ancora più felice fu quando vide, al di là delle fiamme, un secondo cavallo alato che lo attendeva per condurlo verso nord.
Dopo un viaggio altrettanto breve, si fermò dinanzi alla torre di un antico castello apparentemente disabitato. Dall’alto della torre una voce possente e nello stesso tempo rassicurante, lo invitava a salire. Per quanto Matù cercasse, non riusciva a intravedere le scale, né alcun modo per poter salire. La voce lo incitava continuamente. A quel punto, guardando meglio verso l’alto, Matù riuscì a scorgere una figura indistinta affacciata alla finestra più alta della torre. Questa figura lo chiamava con ampi gesti; vedendo la sua perplessità, gli tese una corda, alla quale il mago si aggrappò iniziando la faticosa arrampicata. Ripetutamente la corda si spezzò, facendo ripiombare a terra il povero mago, il quale era sempre più deciso a raggiungere la meta. Riannodò la corda più volte, ritentò la scalata, ma invano, finché la figura lo raggiunse calandosi lungo la corda.
Solo allora, il Mago si accorse che aveva di fronte l’Imperatore in persona che, avvolgendolo calorosamente in un abbraccio, lo accompagnò fin sulla torre. Matù si scopri piccolo piccolo di fronte alla maestà dell’Imperatore e del mondo che lo circondava: vedeva tutto con occhi nuovi, alla luce del sentimento che aveva avvertito nei suoi confronti.
«Ti aspettavo da tempo», disse l’Imperatore, «speravo che saresti arrivato. Hai scelto la strada giusta; prosegui senza indugio e ti assicuro che le tue fatiche non saranno vane.
Troverai altri aiuti sulla tua strada, ma ricorda che sarà sempre indispensabile il tuo contributo».
Matù non ebbe il tempo di replicare: stava di nuovo volando in groppa ad un altro cavallo che si arrestò impotente davanti all’ingresso di un labirinto. Il Mago entrò e fu colto da un senso di smarrimento; un inestricabile groviglio di corridoi, stanze e scale gli incuteva terrore e gli ricordava un senso di soffocamento che lui ben conosceva. Vagò per ore senza meta da un luogo all’altro, finché avverti una presenza misteriosa: si voltò e vide una figura raggomitolata su se stessa. Si avvicinò e riconobbe in quel corpo provato da un’incredibile sofferenza, un vecchio eremita che implorava aiuto.
«Vieni con me, ti porterò fuori di qui con il mio cavallo alato» disse Matù senza esitare.
Ad un suo richiamo, comparve prontamente il cavallo che con rammarico spiegò di poter fare un unico viaggio con un solo carico. Bisognava scegliere. Matù, combattuto da sentimenti contrastanti, infine si arrese: l’eremita aveva più bisogno di lui. Ma appena il cavallo si librò in volo, il labirinto scomparve. Al suo posto stava un agile destriero privo di ali. Matù si accorse che ogni traccia di magia era scomparsa e l’ultima direzione portava verso la realtà di tutti i giorni. Questo non gli dispiaceva affatto: in vita sua non era mai stato più felice. Che bisogno aveva di poteri magici? Aveva scoperto di possedere molto di più: saggezza, coraggio, disponibilità, generosità.
Il cavallo lo guidò sulle rive di uno stagno, dove si specchiò: l’immagine che vide riflessa era sorprendentemente quella di un bambino.
*** Maria VARANO, psicologa, psicoterapeuta, arteterapeuta e formatrice, Mago Matù, da Guarire con le fiabe, Meltemi, 1998. Fiaba inventata da un gruppo di maestre di un circolo didattico del vercellese, durante un corso di aggiornamento tenuto da Maria Varano.
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