L’altra sera sul treno
(l’ultimo, sempre pieno) una ragazza,
dando ogni tanto un’occhiata rapida in giro,
scherzava a voce alta sui suoi amori
finiti male,
del suo nuovo lavoro nello studio
di un avvocato, su quanto lei era brava
– però il lavoro: triste – e si faceva
i conti in tasca in pubblico,
lira per lira.
Quando si mettono a nudo
in questo modo, di fronte a gente mai vista,
e la vita – la loro –
te la mettono in piazza come quella
di chiunque, così, ridotta all’osso,
sono talmente belle
certe persone,
talmente pure
che ti fanno tremare.
Parlano come se fossimo
tutti di tutti. Si mettono nelle mani
di chi è lì
come un cane che si lascia
stringere il muso dal padrone,
con le orecchie abbassate
e gli occhi chiusi.
A sentirle parlare
anche tu chiudi gli occhi: sprofondare
vorresti, e invece cresci,
dentro, diventi ripido,
sconfinato e potente
come quel niente che le ha fatte nascere.
*** Umberto FIORI, 1949, insegnante, scrittore, poeta e musicista, 1949, Scompartimento, da Tutti, Marcos y Marcos, 1998, segnalato in 'ipoetisonovivi.com', 13 dicembre 2018, qui
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