In sostanza, che cosa è “la crisi della democrazia”? Se “crisi” è la distanza fra le aspirazioni dei cittadini e le prestazioni dei governanti, allora quella crisi è immanente, strutturalmente sempre incombente, insita in tutti gli assetti democratici, persino potenzialmente feconda, in grado di spingere verso innovazioni e miglioramenti. Per capirne di più e meglio, sono giunto alla convinzione che il deficit democratico debba essere esplorato non nelle sue elusive e cangianti componenti “aspirazionali”, ma in quelle strutturali e, eventualmente, comportamentali. Allora, il deficit democratico può fare la sua comparsa in tre casi: primo, quando il regime risulta inadeguato nelle sue strutture di rappresentanza e di governo; secondo, quando le autorità non hanno le competenze necessarie; e, terzo, quando i cittadini sono apolitici, impolitici e antipolitici. Operando su queste considerazioni diventa possibile inseguire in tutte le sue manifestazioni la problematica del deficit democratico e, sommessamente, poiché non voglio aprire un altro già affollato fronte, anche la altrettanto complessa problematica del rendimento democratico. Voglio concludere in maniera positiva: l’esistenza di un deficit può costituire lo stimolo che spinge ad azioni migliorative.
*** Gianfranco PASQUINO, 1942, politologo, saggista, docente della John Hopkins University, Deficit democratici. Cosa manca ai sistemi politici, alle istituzioni e ai leader, Egea, 2018
In Mixtura i contributi di Gianfranco Pasquino qui
In Mixtura ark #Mosquito qui
Nessun commento:
Posta un commento