Uno di se stesso scrive nel simbolo del partito "presidente" quando la legge italiana gli vieta di diventarlo.
Un altro guida la destra nazionalista del "prima gli italiani" e del giurare sul Vangelo con un passato da comunista padano in un partito a base di riti celtici che l'Italia voleva spezzare.
Un altro ancora aveva detto avrebbe lasciato la politica in caso di sconfitta al referendum, poi l'ha perso ed è ancora qui.
Un altro ancora dice di comandare un movimento che dovrebbe fondarsi sulla democrazia diretta, e che invece è un partito che dirige lui.
Peccato non ci siano faccia a faccia tra i principali leader politici, per queste elezioni: avremmo più di qualcosa di elementare, fondamentale, da chiedere.
*** Fabio CHIUSI, giornalista e saggista, facebook, 25 febbraio 2018, qui
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