Ma è pur vero che una maggioranza del 50% più uno non nasce da sola per mancanza d'altro.
Bisogna costruirla: non aspettando che si facciano vivi gli altri e poi meravigliandosi perché "finora non s'è visto nessuno" (e ti credo!). Ma facendo ai partner una proposta che non possano rifiutare. Se Di Maio vuole i voti del Pd derenzizzato e di LeU, glieli chieda. Poi vada a parlare con Martina e Grasso su un'offerta chiara, realistica, generosa e rispettosa della democrazia parlamentare (che non si regge su maggioranze relative, ma assolute). Proprio quello che non fece il Pd nel 2013, quando pareggiò col M5S: si pappò le presidenze delle due Camere, designò Bersani come premier, stese un programma e una lista di ministri, poi pretese che i 5Stelle sostenessero al Senato il suo governo di minoranza. Risultato: il famoso e disastroso incontro in streaming. Quella di Bersani e Letta era una proposta che Crimi e Lombardi non solo potevano, ma dovevano rifiutare. Quando poi Grillo, venti giorni dopo, ne avanzò una non solo accettabile, ma auspicabile per il M5S, per il Pd e soprattutto per l'Italia – "eleggiamo Rodotà al Quirinale e poi governiamo insieme" – fu il Pd napolitanizzato e lettizzato, cioè berlusconizzato a rifiutarla. E condannò il Paese a cinque anni di vergogne. Ora Di Maio crede che avere quasi doppiato il Pd lo autorizzi a fare altrettanto. Ma si sbaglia di grosso.
Nessuno regala voti a chi nemmeno si abbassa a chiederglieli. Se il Pd pretendesse poltrone, i 5Stelle farebbero bene a rifiutare. Ma se chiedesse alcuni punti programmatici condivisibili, perché no? La cosa sarebbe meno difficile se Di Maio aprisse la sua squadra di esterni ad altri indipendenti di centrosinistra, per un governo senza ministri parlamentari. E bilanciasse la sua premiership lasciando la presidenza di una Camera alla Lega. Dopodiché, è ovvio, è sul programma che dovrebbe garantire il cambiamento che gli elettori hanno appena chiesto. La palla tornerebbe al Pd, che dovrebbe scegliere: accettare una soluzione equilibrata o suicidarsi con nuove elezioni. Intendiamoci: il Pd sarebbe capace di optare per la seconda ipotesi. Ma almeno sarebbe chiaro di chi è la colpa.
*** Marco TRAVAGLIO, giornalista e saggista, direttore di 'Il Fatto Quotidiano', Gli opposti cretinismi, estratto, 'Il Fatto Quotidiano', 15 marzo 2018 (segnalato anche in 'huffpost', 15 marzo 2018, qui)
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