Un omone bianco e biondo entra in un pub: mani, braccia e collo tatuati, simboli e motti razzisti su tutta la pelle scoperta.
Il locale è affollato.
Un nero di mezza età è seduto a un tavolo.
Solo.
Legge un giornale e si sta gustando un bicchiere di whisky
L'omone si guarda in giro.
Mai stato in questo locale.
I clienti sono tutti bianchi: qualche singolo, diverse coppie, molti gruppi.
Solita atmosfera: musica, aperitivi, birre, cocktail, panini, piatti di carne.
Veloce andirivieni di ragazze che servono.
Il barista dietro al bancone è intento a spillare birre e preparare cocktail.
Veloce andirivieni di ragazze che servono.
Il barista dietro al bancone è intento a spillare birre e preparare cocktail.
Il bianco vede il nero seduto al tavolino nell'angolo e storce il naso.
A voce alta, in modo che tutti lo sentano nonostante la musica a palla, annuncia:
«Ragazzi, stasera faccio una follia. Anche se non conosco nessuno di voi, mi sento amico di tutti perché avete la pelle bianca come me. Pago una birra a chiunque. Con un'eccezione: i neri non mi piacciono. Quindi a lui no.»
E mentre dice 'a lui no', indica il nero con il dito, esibendo un sorriso beffardo.
La gente ha smesso di mangiare e bere: si guarda con aria interrogativa.
E' interdetta, non sa che fare.
Accettare? Rifiutare?
E' interdetta, non sa che fare.
Accettare? Rifiutare?
Il bianco insiste:
«Allora, non avete capito? Avanti, venite qui al bancone... Faccio sul serio. Una birra per tutti. Tranne che per il nero. Anzi, lui, se se ne va, è meglio: mi pare che non c'entri nulla con tutti noi».
«Allora, non avete capito? Avanti, venite qui al bancone... Faccio sul serio. Una birra per tutti. Tranne che per il nero. Anzi, lui, se se ne va, è meglio: mi pare che non c'entri nulla con tutti noi».
Prima uno, poi un altro, poi molti, quindi tutti si avvicinano al bancone.
Il barista serve birra a ognuno.
Il razzista alza il suo boccale offrendolo al contatto degli altri, che si affrettano a farlo tintinnare con i loro.
Sorrisi, manate di spalle, strette di mano. Prosit, cincin, auguri.
Terminata la bevuta, il razzista, soddisfatto e orgoglioso della sceneggiata, butta lo sguardo verso l'angolo in cui era seduto il nero: vuole godersi la reazione.
Ma il nero non c'è: sul tavolo, ben ripiegato, è rimasto il giornale, con accanto il bicchiere di whisky vuoto.
La cosa gli fa piacere.
Commenta a voce alta:
«Ora il locale ha un nero in meno. Si potesse fare sempre così, il mondo sarebbe migliore».
«Ora il locale ha un nero in meno. Si potesse fare sempre così, il mondo sarebbe migliore».
Sta per finire la birra nel boccale e mentre ne sta ordinando un'altra, qualcuno da dietro gli dà un piccolo colpo sulle spalle.
Si volta.
E' il nero: faccia aperta, amichevole, sorridente.
«Amico, ti devo ringraziare. Amo le persone generose. Hai fatto bene a offrire da bere a tutti».
«Amico, ti devo ringraziare. Amo le persone generose. Hai fatto bene a offrire da bere a tutti».
Il razzista è sconcertato.
Impietrito.
Tossisce: l'ultimo goccio di birra gli è andato di traverso.
Vorrebbe dire qualcosa, ma non trova le parole.
E del resto il nero non gli ha lasciato tempo: gli ha dato un leggero buffetto sul viso ed è scivolato fuori dal pub.
Impietrito.
Tossisce: l'ultimo goccio di birra gli è andato di traverso.
Vorrebbe dire qualcosa, ma non trova le parole.
E del resto il nero non gli ha lasciato tempo: gli ha dato un leggero buffetto sul viso ed è scivolato fuori dal pub.
L'omone, dopo una settimana, si ripresenta al locale.
La scena si ripete.
La scena si ripete.
Lui al bancone, il nero al tavolino da solo che legge il giornale e beve il suo whisky, solita offerta di birra gratis per tutti tranne che per il nero e solito finale: il nero si avvicina al razzista e tutto sorridente lo elogia per la sua generosità, poi gli dà un buffetto sul viso e imbocca la porta di uscita.
Il razzista è sempre più sbalordito e vuole una spiegazione.
Il razzista è sempre più sbalordito e vuole una spiegazione.
Si avvicina al barista dietro il bancone.
«Ma hai visto quello che è accaduto? E' incredibile. E non una sola volta, ma due: stasera e la settimana scorsa».
Il barista sorride.
Il bianco lo incalza:
«Quel maledetto nero è matto? Io l'ho offeso davanti a tutti e lui mi ringrazia?»
Il ragazzo sembra tergiversare.
«Capita. Non tutti sono come te, amico.»
«Ma tu lo conosci?», insiste il razzista.
Il barista annuisce.
«E' qui ogni sera a quest'ora. Sempre a quel tavolo. Legge il giornale e si beve il suo whisky. Il migliore che abbiamo, peraltro: gli costa una fortuna. Poi se ne va».
Trascorrono alcuni secondi di silenzio.
Il razzista si aspetta con ansia altre informazioni.
Il ragazzo riprende, un po' titubante:
«Piuttosto, scusami se mi viene da fare una osservazione. Ma...».
«Ma...?», lo sollecita il bianco.
«E' la seconda volta che vieni al pub e offri da bere. Evidentemente te lo puoi permettere e non voglio farmi gli affari tuoi: però, come hai notato, il locale a quest'ora è pieno ed è una bella cifra quella che ti ritrovi a pagare...».
Il razzista gongola.
«Certo, ma ne vale la pena. Insultare così in pubblico un nero non ha prezzo. Per questo non capisco la sua reazione: cos'è, un masochista?»
Il barista non trattiene la risata.
«Ma no, figurati»
L'omone bianco non sa darsi una risposta.
«Ma allora chi è?».
«Il proprietario, amico».
*** Massimo Ferrario, Al pub, il Bianco e il Nero, riscrittura di una storiella diffusa in internet, per Mixtura
«Ma hai visto quello che è accaduto? E' incredibile. E non una sola volta, ma due: stasera e la settimana scorsa».
Il barista sorride.
Il bianco lo incalza:
«Quel maledetto nero è matto? Io l'ho offeso davanti a tutti e lui mi ringrazia?»
Il ragazzo sembra tergiversare.
«Capita. Non tutti sono come te, amico.»
«Ma tu lo conosci?», insiste il razzista.
Il barista annuisce.
«E' qui ogni sera a quest'ora. Sempre a quel tavolo. Legge il giornale e si beve il suo whisky. Il migliore che abbiamo, peraltro: gli costa una fortuna. Poi se ne va».
Trascorrono alcuni secondi di silenzio.
Il razzista si aspetta con ansia altre informazioni.
Il ragazzo riprende, un po' titubante:
«Piuttosto, scusami se mi viene da fare una osservazione. Ma...».
«Ma...?», lo sollecita il bianco.
«E' la seconda volta che vieni al pub e offri da bere. Evidentemente te lo puoi permettere e non voglio farmi gli affari tuoi: però, come hai notato, il locale a quest'ora è pieno ed è una bella cifra quella che ti ritrovi a pagare...».
Il razzista gongola.
«Certo, ma ne vale la pena. Insultare così in pubblico un nero non ha prezzo. Per questo non capisco la sua reazione: cos'è, un masochista?»
Il barista non trattiene la risata.
«Ma no, figurati»
L'omone bianco non sa darsi una risposta.
«Ma allora chi è?».
«Il proprietario, amico».
*** Massimo Ferrario, Al pub, il Bianco e il Nero, riscrittura di una storiella diffusa in internet, per Mixtura
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