sabato 17 marzo 2018

#FAVOLE & RACCONTI / Al pub, il Bianco e il Nero (M. Ferrario)

Un omone bianco e biondo entra in un pub: mani, braccia e collo tatuati, simboli e motti razzisti su tutta la pelle scoperta.
Il locale è affollato. 
Un nero di mezza età è seduto a un tavolo. 
Solo. 
Legge un giornale e si sta gustando un bicchiere di whisky

L'omone si guarda in giro. 
Mai stato in questo locale. 
I clienti sono tutti bianchi: qualche singolo, diverse coppie, molti gruppi.
Solita atmosfera: musica, aperitivi, birre, cocktail, panini, piatti di carne.
Veloce andirivieni di ragazze che servono.
Il barista dietro al bancone è intento a spillare birre e preparare cocktail.

Il bianco vede il nero seduto al tavolino nell'angolo e storce il naso.
A voce alta, in modo che tutti lo sentano nonostante la musica a palla, annuncia:
«Ragazzi, stasera faccio una follia. Anche se non conosco nessuno di voi, mi sento amico di tutti perché avete la pelle bianca come me. Pago una birra a chiunque. Con un'eccezione: i neri non mi piacciono. Quindi a lui no.»
E mentre dice 'a lui no', indica il nero con il dito, esibendo un sorriso beffardo.

La gente ha smesso di mangiare e bere: si guarda con aria interrogativa.
E' interdetta, non sa che fare.
Accettare? Rifiutare?
Il bianco insiste:
«Allora, non avete capito? Avanti, venite qui al bancone... Faccio sul serio. Una birra per tutti. Tranne che per il nero. Anzi, lui, se se ne va, è meglio: mi pare che non c'entri nulla con tutti noi».

Prima uno, poi un altro, poi molti, quindi tutti si avvicinano al bancone. 
Il barista serve birra a ognuno.
Il razzista alza il suo boccale offrendolo al contatto degli altri, che si affrettano a farlo tintinnare con i loro. 
Sorrisi, manate di spalle, strette di mano. Prosit, cincin, auguri.

Terminata la bevuta, il razzista, soddisfatto e orgoglioso della sceneggiata, butta lo sguardo verso l'angolo in cui era seduto il nero: vuole godersi la reazione.
Ma il nero non c'è: sul tavolo, ben ripiegato, è rimasto il giornale, con accanto il bicchiere di whisky vuoto.

La cosa gli fa piacere. 
Commenta a voce alta:
«Ora il locale ha un nero in meno. Si potesse fare sempre così, il mondo sarebbe migliore».

Sta per finire la birra nel boccale e mentre ne sta ordinando un'altra, qualcuno da dietro gli dà un piccolo colpo sulle spalle. 
Si volta.
E' il nero: faccia aperta, amichevole, sorridente.
«Amico, ti devo ringraziare. Amo le persone generose. Hai fatto bene a offrire da bere a tutti».

Il razzista è sconcertato.
Impietrito.
Tossisce: l'ultimo goccio di birra gli è andato di traverso.
Vorrebbe dire qualcosa, ma non trova le parole.
E del resto il nero non gli ha lasciato tempo: gli ha dato un leggero buffetto sul viso ed è scivolato fuori dal pub.

L'omone, dopo una settimana, si ripresenta al locale.
La scena si ripete. 
Lui al bancone, il nero al tavolino da solo che legge il giornale e beve il suo whisky, solita offerta di birra gratis per tutti tranne che per il nero e solito finale: il nero si avvicina al razzista e tutto sorridente lo elogia per la sua generosità, poi gli dà un buffetto sul viso e imbocca la porta di uscita.

Il razzista è sempre più sbalordito e vuole una spiegazione. 
Si avvicina al barista dietro il bancone.
«Ma hai visto quello che è accaduto? E' incredibile. E non una sola volta, ma due: stasera e la settimana scorsa».
Il barista sorride.
Il bianco lo incalza:
«Quel maledetto nero è matto? Io l'ho offeso davanti a tutti e lui mi ringrazia?»
Il ragazzo sembra tergiversare.
«Capita. Non tutti sono come te, amico.»
«Ma tu lo conosci?», insiste il razzista.
Il barista annuisce.
«E' qui ogni sera a quest'ora. Sempre a quel tavolo. Legge il giornale e si beve il suo whisky. Il migliore che abbiamo, peraltro: gli costa una fortuna. Poi se ne va».
Trascorrono alcuni secondi di silenzio.
Il razzista si aspetta con ansia altre informazioni.
Il ragazzo riprende, un po' titubante:
«Piuttosto, scusami se mi viene da fare una osservazione. Ma...».
«Ma...?», lo sollecita il bianco.
«E' la seconda volta che vieni al pub e offri da bere. Evidentemente te lo puoi permettere e non voglio farmi gli affari tuoi: però, come hai notato, il locale a quest'ora è pieno ed è una bella cifra quella che ti ritrovi a pagare...».

Il razzista gongola.
«Certo, ma ne vale la pena. Insultare così in pubblico un nero non ha prezzo. Per questo non capisco la sua reazione: cos'è, un masochista?»
Il barista non trattiene la risata.
«Ma no, figurati»
L'omone bianco non sa darsi una risposta.
«Ma allora chi è?».
«Il proprietario, amico».

*** Massimo Ferrario, Al pub, il Bianco e il Nero, riscrittura di una storiella diffusa in internet, per Mixtura


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