giovedì 16 giugno 2016

#SPILLI / Elezioni Milano, perché non voterò (M. Ferrario)

Io non sono 'duro-e-puro', né ci tengo a esserlo: neppure ad apparire tale.
Sono banalmente di sinistra. 
Non estrema. Semplicemente di sinistra. 
Nonostante tutto. 
E cocciutamente.
Per quanto di vago ancora oggi sinistra voglia dire, per me sinistra non vuol dire la 'melma' che ormai da anni vediamo fluttuare tra il centro e la destra e che qualcuno ha l'impudenza di spacciare per sinistra 

E basterebbe già questo per spiegare perché a Milano, domenica prossima, non voterò Sala. 
E, ovviamente, non votando neppure Parisi (i due manager fotocopie che potrebbero invertirsi le liste di appartenenza e neppure loro se ne accorgerebbero), dovrò rinunciare a votare.
Sarò 'costretto' a farlo.
Oppure, sarò spinto ad andare al seggio e annullare la scheda: essendo la scheda bianca, coi tempi che corrono, troppo pericolosa, perché facilmente e golosamente trasformabile, con un segno messo lì da qualcuno en passant, un voto per qualcuno.

Ma non è solo il mio 'sentirmi di sinistra' a farmi comportare così.
Ci sono fatti, documentati, che qualche giornalista serio (ne esistono ancora: di quelli che tentano di fare, secondo una formula anglosassone, i 'cani da guardia' del potere) ha messo in fila con pazienza: fin da prima dell'Expo (*). 
Sono fatti, non fango. 
Fatti non sufficienti per indicare reati, ma più che sufficienti per concludere che la cultura istituzionale-manageriale espressa da questo candidato è inadatta a governare. 
Perché non c'è solo il codice penale: c'è anche, e avanza, il codice culturale e politico (se la politica aspira, ancora, ad essere Politica) che discrimina e può dare, o ritirare,  patenti di candidabilità.

Dunque, il mio non-voto è scontato.

Non lo farò a cuor leggero.
Sarà infatti la prima volta, a 70 anni quasi compiuti, che rinuncerò ad esercitare il diritto di voto. 
E ne soffrirò non poco: perché mi sembrerà di 'tradire' chi è morto per darci questo diritto oltre settant'anni fa.
Unica consolazione (che non consola) è che la Resistenza, prima del 'piccolo' ma (per me) non trascurabile comportamento che io terrò la prossima domenica, è stata tradita da decenni. 
Qualche colpo le è stato inferto subito, a Repubblica appena avviata. 
Poi la distruzione, pressoché totale, iniziata negli anni 80 con Craxi, è proseguita alla grande con berlusconismo e renzismo. In linea peraltro con la politica di rottamazione del giovane fiorentino.
Del resto, come dice madonna Marielena Boschi, i partigiani 'veri' sono quelli che voteranno sì alla sua (orripilante) riforma costituzionale. Mentre per me, veri, continuano a essere soltanto quelli che, se io credessi all'immortalità di anime e corpi, si rivolterebbero nelle tombe se solo potessero vedere, anche soltanto in 'formato scampolo', lo scempio cui è sottoposto questo (nostro?) misero Paese.

Lo so. Altri fanno altri ragionamenti e voteranno Sala turandosi il naso: conosco questi ragionamenti, anche di amici, ma non riesco a farli miei.
La famosa frase di Montanelli, che faceva ribrezzo alla sinistra di un tempo, è tornata di moda. Non è neppure più nascosta dalla foglia di fico che la sostituiva qualche anno fa e che invitava al 'voto utile'. 
Ormai turarsi il naso è espressione quasi orgogliosamente rivendicata anche da chi si dichiara in un campo che un tempo era di altri: bisogna votare comunque, se no, sei un qualunquista e non sei democratico. Oppure sei un pericoloso, o inutile, fondamentalista della setta dei 'duri-e-puri'.

L'idea di dovermi turare il naso, o chiudere un occhio, per il bene di non so cosa, non è la mia.
Si dice che si dovrebbe accettare il meno peggio.
Vedo le conseguenze di questo meno peggio. 
A furia di meno peggio, siamo arrivati al peggio. 
E con 'Renzi e company' (e qui l'inglese è quanto mai opportuno, perché i compagni non sono proprio da citare, essendo peraltro sempre meno pervenuti), ci stiamo inventando il 'più peggio': che non è solo un orrore grammaticale.

Ognuno ha la sua soglia di accettazione della realtà.
Io mi tengo la mia. E alla mia, che spero di non perdere mai, tengo.
La mia soglia, com'è ovvio, prevede compromessi: perché la realtà, per fortuna, non è mai tutta come io la voglio. Sono narcisista, ma essendone consapevole, mi sforzo di non arrivare a quella stupidità cui ineluttabilmente il narcisismo conduce quando è patologicamente trionfante. E vedere per (non) credere i diversi ma uguali esempi, da oltre vent'anni, di presunti statisti che si sentono uomini della provvidenza e cambiatori della patria.
Però, oltre un certo limite, non c'è più mediazione. C'è solo complicità. 
Una complicità magari pure auspicata, in buona fede, a fin di bene.
Ma è a fin di bene che spesso si fanno le cose peggiori.

Questo, naturalmente, vale per me e non è 'la' verità. Ma è la verità per me.
E io non conto nulla. Ma conto per me.

Se sto comunicando ad altri quanto sto dicendo è solo per sperare di sentirmi meno solo.
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(*) Gianni Barbacetto, giornalista e saggista, Elezioni Milano 2016 – Perché non voterò Beppe Sala, 'ilfattoquotidiano.it', 15 giugno 2016, qui

*** Massimo Ferrario, Elezioni Milano, perché non voterò, per Mixtura

2 commenti:

  1. come ti capisco! Ieri al confronto su Sky da piazza del Campidoglio so no incominciati a uscire gli scheletrici dall'armadio di Giachetti, a cominciare dai "due casaletti di Subiaco" che sembrano essere di 660mq con piscina. Niente di male, ma perché nasconderli? E, poi, la fedeltà alla lista di appartenenza che l'ha visto votare in Parlamento leggi da non votare.
    E, così, con animo leggero voterò la Raggi, che mi ha convinto anche se so che la sua sarà un'impresa impossibile, con il governo nazionale contro e i media pronti ad abbatterla appena tirerà fuori la testa.
    La Raggi i permette di rientrare all'interno della mia soglia di accettazione della realtà, e speriamo che riesca a fare quel che si propone.

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  2. Anch'io, che continuo ad avere simpatie quanto mai critiche verso il mondo 5S, se fossi a Roma voterei Raggi. Manterrei speranze molto contenute sul cambiamento che la giovane probabile sindaco potrebbe essere chiamata a realizzare: perché l'impresa è ciclopica e perché non bastano freschezza anagrafica e civismo appassionato.
    Però, nel caso di Roma, non avrei dubbi ad accettare il ballottaggio e a scegliere il nuovo (e l'inesperienza) contro il vecchio (e la miserevole esperienza di questi anni).
    Ma sono a Milano. Purtroppo.

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