lunedì 14 dicembre 2015

#MOSQUITO / Lifting, perdere la faccia (James Hillman)

Se la faccia è il luogo in cui ha inizio l’etica della società, che cosa accade alla società quando la faccia che invecchia è modificata chirurgicamente e repressa dalla cosmesi e il suo carattere accumulato è falsificato? Quale danno etico si produce quando le facce invecchiate hanno scarsa visibilità? O quando esposte alla pubblica vista sono soltanto le facce depilate, truccate e rese telegeniche per garantire un prodotto? Oppure quelle non ritoccate che appaiono abbastanza miserande da commuovercisi sopra per un po’? Bisognerebbe forse, per il bene della società, proibire la chirurgia cosmetica? Considerare il lifting un crimine contro l’umanità? Perché il modo in cui trattiamo la nostra faccia ha conseguenze sulla società. La tua faccia è l’Altro per tutti gli altri. Se non mostra più la sua vulnerabilità assoluta, allora le ragioni della ‘pietas’, l’esigenza di sincerità, la richiesta di risposte, sulle quali poggia la coesione sociale, hanno perduto la loro sorgente originaria. (...) 
Abbiamo a disposizione troppo poche immagini della irresistibile intensità dell’anima. Troppo poche facce da additare, nessun antenato visibile a cui ancorare la collettività. Chi, alla televisione, possiamo guardare e sentirci toccati nel profondo dell’anima? (…) 
Mancando di vecchi capaci di essere antenati, che cosa ci rimane? Una manica di bulli rampognanti e di isterici da pulpito, le cui facce smentiscono le virtù che predicano. Capi tribali, sciamani, anziani, rabbini, presidi, dogi, bonzi, vescovi, maestri di bottega riscuotevano il rispetto della collettività in virtù della presenza di carattere, visibile sulla faccia. Non tutti, non sempre... ma se non altro incarnavano l’idea che la faccia dei vecchi è un bene del gruppo. Nell’antica Roma, per guadagnarsi la fedeltà delle sue truppe, il nuovo cesare doveva scendere tra le file, rivelarsi ai suoi soldati. I discorsi, le azioni e la disponibilità di immagini fotografiche non bastano ad abbracciare tutta la gamma del carattere; c’è bisogno di guardare spesso e a lungo. Si guarda l’altro per vederlo dentro. Naturalmente possiamo sbagliare e seguire la percezione sbagliata, ma questi errori non invalidano l’idea che sia un dovere del cittadino rendere pubblica la propria faccia. Soltanto a Dio è concesso di nascondere il suo volto. 

James HILLMAN, psicoanalista statunitense di matrice junghiana, fondatore della psicologia archetipica, La forza del carattere, 1999, Adelphi, Milano, 2000, traduzione di A. Bottini



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