Quando mia madre è scesa in piazza, nel sessantotto, le hanno detto che invece di fare casino i ragazzi avrebbero dovuto pensare a studiare e obbedire, e che le donne avrebbero dovuto pensare solo a sposarsi e fare figli.
Quando io sono scesa in piazza per la prima volta, contro la guerra del Golfo, mi hanno detto che tanto non sarebbe cambiato nulla, che noi eravamo degli ignoranti, che volevamo solo saltare la scuola, che quelli del sessantotto sì che avevano fatto le lotte giuste.
Quando siamo andati a farci massacrare a Genova, ci hanno detto che eravamo dei teppisti, degli ingenui, dei sognatori, dei pericolosi irresponsabili.
Ogni volta che siamo scesi in piazza per farci sentire contro un sistema criminale e moribondo che ci sta ammazzando in ogni senso, per una società più umana e plurale, per il diritto al lavoro, per i diritti civili, ogni volta ci hanno dato dei buonisti, dei teppisti, dei violenti, dei radical chic. Ci hanno detto che facevamo parte dell'élite (!), dei poteri forti, dell'establishment e di 'staceppa.
Insomma, ragazzi, tranquilli. Qualsiasi cosa facciate, incontrerete sempre qualche genio che lui la rivoluzione l'avrebbe saputa fare meglio, se solo fosse riuscito ad alzarsi da quel divano da cui pontifica ininterrottamente.
Lasciatelo parlare, lasciatelo perdere, andate avanti.
Siete bellissimi, ragazzi. Siete sensibili, agguerriti, a volte superficiali, pieni di assoluti, contraddittori, appassionati, un po' cialtroni e un po' sublimi. Proprio come tutti quelli della vostra età.
Che possiate, almeno voi, riuscire dove noi abbiamo fallito. Che possiamo, noi che abbiamo ancora voglia di lottare, stare al vostro fianco senza diventare dei vecchi tromboni buoni solo a lamentarsi.
*** Paola RONCO, facebook, 27 settembre 2019, qui
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