Conoscevo un tale che era in grado di riconoscere un autobus dal suono del motore. Quello che per tutti noi era giusto un rumore ingombrante in lontananza, per lui invece era il 75 nuovo modello che da Poerio portava a Termini. Conosceva tutte le tratte degli autobus, il tipo di vettura, il numero dei posti e altri dettagli impensabili. Amava gli autobus di tutta Italia e in qualche modo ne era ricambiato. Sognava, lui che veniva da una famiglia dell'altissima borghesia romana, di fare l'autista dell'Atac. Chissà se l'ha fatto, abbiamo perso i contatti.
Però penso sempre a lui quando mi chiedono come si fa a essere, se non felici, soddisfatti: trova il tuo autobus, dico. Trova qualcosa che ti faccia innamorare e che possibilmente profumi d'assurdo. Qualcosa dentro cui sprofondare, che ti permetta di trovare straordinario e armonico quello che agli altri sembra ovvio e rumoroso.
Come un autobus.
*** Andrea COLAMEDICI, filosofo, editore di Tlon, facebook, 26 giugno 2019, qui
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