Numerosi studi dimostrano che la vita comunitaria è più misera nelle società con maggiori disparità dei redditi tra ricchi e poveri. È stato più volte dimostrato che le società con un minore divario economico sono più coese. La gente nelle società più eque ha maggiori probabilità di essere coinvolta nei gruppi locali, nelle organizzazioni di volontariato e nelle associazioni civiche. È più probabile che senta di potersi fidare degli altri, che sia più disposta ad aiutare il prossimo e, come se non bastasse, i livelli di violenza (misurata in base al numero di omicidi) sono nettamente più bassi. Gli abitanti delle società più eque vanno più d’accordo tra loro.
L’idea che la disuguaglianza crei divisioni e sia corrosiva per la società è molto diffusa sin dai tempi della Rivoluzione francese. Ora che disponiamo di sufficienti dati per raffrontare la disuguaglianza, misurata come differenze di reddito tra ricchi e poveri, in ogni nazione è sotto gli occhi di tutti che questa intuizione è clamorosamente corretta, forse più di quanto immaginassimo. Non è più un’impressione, è diventata, come ormai rilevano centinaia di studi, una verità oggettivamente dimostrabile.
*** Richard WILKINSON e Kate PICKETT, epidemiologi e docenti universitari statunitensi, L'equilibrio dell'anima. Perché l'uguaglianza ci farebbe vivere meglio, Feltrinelli, 2019
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