Negli Stati Uniti ogni due anni si vota per eleggere un terzo dei senatori e tutti i deputati; il presidente invece lo si elegge ogni quattro anni. Questo significa che una elezione ogni due riguarda "solo" il Parlamento: viene chiamata "di metà mandato" e regolarmente snobbata dai media.
Il risultato è che a votare è ormai un terzo degli aventi diritto: pura postdemocrazia, come conviene alle multinazionali. Ancora più allarmante è l'analisi dei votanti. I giovani costituiscono di gran lunga il gruppo più di sinistra dello spettro politico mentre la maggioranza degli anziani è conservatrice; però nel 2014 solo il 16% degli americani fra i diciotto e i trent'anni si è recato alle urne, mentre ci è andato il 55% degli ultrasessantenni.
Cosa ci dice questo dato? Tre cose, tutte deprimenti.
Innanzi tutto che lo smantellamento del sistema educativo tradizionale e la sua sostituzione con i social da un lato e con scuole esclusivamente volte alla formazione professionale dall'altro, sta dando i frutti auspicati dai liberisti; troppi giovani se ne fregano della società, accontendandosi di essere consumatori (anche di correttezza politica) invece che cittadini e militanti. La percentuale dei votanti ci dà poi il senso della dipendenza dei giovani dai media: se questi danno rilievo a un evento, loro reagiscono, altrimenti restano apatici. Infine, occorre rendersi conto che essere di sinistra, oggi, è per molti ragazzi un atto di conformismo formale e non comporta necessariamente impegno, studio, organizzazione, applicazione, neppure presenza.
Conosco tanti giovani eccezionali, più generosi e più lucidi di quanto fossi io alla loro età o della generazione ancora precedente. Ma il sistema che si trovano a contrastare è potentissimo e pervasivo.
Per metterlo in difficoltà non bastano le buone intenzioni, l'intelligenza, tanto meno la tolleranza. Serve una mobilitazione e per fare una mobiltazione serve populismo. Un nuovo populismo, un populismo giovane. Finora la sinistra lo ha snobbato e lo ha lasciato alla destra o ai qualunquisti. È ora (e forse è già troppo tardi) di cambiare strategia. E si comincia andando a votare.
*** Francesco ERSPAMER, docente di studi italiani e romanzi ad Harvard, saggista, 'facebook', 27 febbraio 2018, qui
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