sabato 6 gennaio 2018

#MOSQUITO / L'Occidente e l'Oriente, causalità e tao (Carl Gustav Jung)

Un ex presidente della British Anthropological Society mi chiese: “Riesce a spiegare come mai un popolo intelligente come quello cinese non abbia elaborato alcuna scienza?” Ho risposto: “Ha creato una scienza, solo che Lei non la capisce. Non si basa sul principio di causalità. Il principio di causalità non è l’unico principio possibile; è semplicemente relativo.” 

La gente potrebbe ribattere: “Bisogna essere pazzi per affermare che la causalità è relativa!” Ma guardiamo la fisica moderna! L’Oriente basa il suo pensiero e la sua valutazione dei fatti su un altro principio. Noi non abbiamo neppure una parola per definirlo. L’Oriente, naturalmente, ce l’ha, ma noi non la capiamo. La parola orientale è Tao. 
Il mio amico McDougall aveva uno studente cinese, al quale chiese un giorno: “Che cosa intende esattamente per Tao?” Tipica domanda occidentale! Il cinese spiegò che cosa è il Tao e lui rispose: “Non ho ancora capito.” Il cinese si affacciò al balcone e disse: “Cosa vede?” “Una strada, delle case, delle persone che camminano e i tram che passano.” “Cos’altro?” “Una collina.” “Cos’altro?” “Degli alberi.” “E poi?” “C’è il vento.” Allargando le braccia il cinese disse: “Questo è il Tao.” 

Ecco, dunque. Il Tao può essere qualsiasi cosa. Per designarlo io uso un’altra parola, ma è piuttosto inadeguata: sincronicità. Quando osserva un complesso di fatti, la mente orientale lo accetta così com’è, mentre la mente occidentale lo frammenta in entità, in piccole quantità. Se si osserva, per esempio, il gruppo di persone riunite in questa sala, ci si chiede: “Da dove vengono? Perché si sono radunate?” Ciò non interessa affatto alla mente orientale, che invece si chiede: “Che cosa significa il fatto che queste persone sono insieme?” La mente occidentale non si pone affatto il problema. A voi interessano soltanto il motivo per cui siete qui e quel che state facendo, mentre alla mente orientale interessa il fatto che siete insieme. 

Si potrebbe esprimerlo così. Siete sulla spiaggia e le onde fanno approdare sulla sabbia un vecchio cappello, una vecchia scatola, una scarpa, un pesce morto. Voi pensate: “È semplicemente frutto del caso!” La mente cinese si chiede: “Che cosa significa il fatto che tutte queste cose siano arrivate fin qui?” La mente cinese vive l’esperienza dell’essere insieme, del ritrovarsi insieme al momento giusto, e ha un metodo sperimentale sconosciuto in Occidente, ma che ha molta importanza nella filosofia orientale. È un metodo per prevedere le possibilità, al quale ricorre tuttora il governo giapponese per le situazioni politiche: fu usato, per esempio, durante la Grande Guerra. Questo metodo fu formulato nel 1143 a.C.

*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Psicoanalisi e psicologia analitica, Opere 15, in Fondamenti della psicologia analitica, 2, Seconda conferenza, Bollati Boringhieri, edizione digitale 2015 


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