Tutto può sopportare il satrapo tranne che si rida di lui, perché questo gli toglie credibilità, in qualche modo ne mina la virilità, l'autorevolezza. Più gente ride dell'Uomo Forte e più l'uomofortismo fatica a imporsi.
E non si tratta del vecchio adagio - oh, quanto rassicurante! - di una risata che vi seppellirà. No, non proprio. Ma piuttosto di una resistenza umana alle soluzioni facili, al «ghe pensi mi» come pensiero primario, alla delega in bianco. Quando Chaplin girò Il Grande Dittatore (1940) questa mossa eversiva, questa resistenza, fu evidente e clamorosa.
Ridere dell'Uomo Forte - peggio! renderlo ridicolo - contrasta il montare dell'uomofortismo tra la popolazione. E l'ironia, lo sberleffo, tendono a fare caricatura del reale, a rendere paradossale, esagerato, ciò che ci circonda. Insomma, più della politica è il senso del ridicolo a vedere lontano. A riconoscere l'uomofortismo da piccoli indizi senza importanza.
*** Alessandro ROBECCHI, 1960, giornalista e scrittore, Piccoli indizi di uomofortismo, estratto, 'FQ Millennium', n. 2, giugno 2017
https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Robecchi
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